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Diamanti Racconti

Diamanti

  • 4 Febbraio 20214 Febbraio 2021
  • da giorgiogiasir

Diamanti! Bellissimi supremi diamanti, perfetti nelle innumerevoli facce attentamente scalfite con frammenti affilati di altri diamanti, il loro valore è sconfinato, la luce viene riflessa con esattezza geometrica e scissa in infiniti colori come nessuna tela d’uomo può rappresentare. Il taglio più pregiato dei più grandi maestri intagliatori al mondo , finalmente tra le mie mani! uno solo di questi tesori vale quanto un intera città. Con questi diamanti avrò finalmente tutto quello che ho desiderato, potrò possedere terreni sconfinati, ville e macchine fuoriclasse in qualsiasi luogo della Terra, e volendo anche sulla Luna! Sì, il loro valore è intangibile, non ha eguali, e adesso io li possiedo!

È vero, per ora non riuscite ancora ad apprezzarne a pieno la loro bellezza, dovrò pulirli minuziosamente uno ad uno, dedicandogli ore, giorni o forse meglio settimane, per togliere anche la più piccola macchia di questo sangue, con cui sono stati lavati. Sì… fiumi di sangue. Ho dovuto uccidere per averli, ho dovuto sgozzare per arrivare a loro, ho imbrogliato, ho giocato sporco, ho mentito a tutti: ai miei amici, alle mie compagne, ai miei figli, a mia madre, ho mentito sempre, ed ho anche calpestato dignità, mia e altrui, ho sfruttato, ho deriso e ho distrutto tanti uomini, profanando tutto quello in cui credevano. Era l’unico modo per arrivare a questi gioielli, supremo frutto dei giacimenti del Congo, dove migliaia di persone perdono la vita per trovarli, estrarli e lavorarli, milioni di persone pagate pochi spiccioli, denudati e controllati, fino a che anche l’ultima ombra di qualsiasi tipo di dignità umana viene calpestata… Uomini spogliati della loro umanità, uomini ancora vivi, solo per eseguire un lavoro ignobile per conto di chi vuole e brama il potere dei diamanti…

Persone sempre sorridenti gli Africani, ho avuto modo di conoscerli, hanno così tanta fiducia in chi gli da un tozzo di pane che puoi fargli fare di tutto, e loro sempre con il sorriso addosso… chissà cosa avranno da ridere? Io non rido, non provo nulla. Sognavo da sempre questo giorno, sognavo questo potere tra le mie mani. Adesso finalmente potrò far tutto quello che ho sempre desiderato! Potrò possedere qualsiasi cosa! Le più belle donne cadranno ai miei piedi per leccare qualche briciola del mio immenso potere. Sì, lo faranno, perché loro bramano quanto me questo potere. Finalmente avrò tutto!

Di notte però… di notte vedo quel fottuto sorriso. Ho negli occhi quel fottuto sorriso bianco di quegli uomini neri. Sì, lo sogno nei miei incubi… il loro sorriso, pieno di un illogica allegria, legata forse ai loro stessi legami, nel ballare e cantare assieme, nell’esserci l’uno per l’altro, nel gustarsi un tramonto seduti tutti insieme chiacchierando e ridendo, con una risata contagiosa e totalmente ingiustificata nella loro nullità. Cosa hanno? Cosa posseggono? Non hanno nulla! eppure ridono, ridono di me che gli sto rubando le loro pietre preziose. Quanta pena mi fa la loro ignoranza.

Io adesso ho tutto. Ora posso comprare tutto! Ma sono solo… sono circondato da cadaveri: non ho più amici, non ho più parenti, ho tradito tutti. E se qualcuno si avvicina a me è perché brama i miei tesori, brama il mio potere, brama i miei diamanti, sono io da solo!!! E lo sarò per sempre… Beffarda la mia galera: ” Nessuno è niente, anche se ha tutto. “

Ho dato tutto quello che mi rendeva umano in pasto alla mia brama di avere potere sugli uomini, e così facendo ho perso qualsiasi potere, non potendo avere più niente di autentico, se non comprare la mia stessa bramosia, nelle anime di chi mi sta attorno verso i miei averi. Posso comprare solo dei sicari da compagnia, che vogliono un potere che non mi appartiene.

Sono solo… io e il potere di questi diamanti, amari orribili diamanti…


Giorgio Giasir
30/01/2021

Racconti

Palindromo

  • 14 Agosto 202014 Agosto 2020
  • da giorgiogiasir

«Sono qui mamma, mi vedi?»

Non staccare lo sguardo, ho bisogno che mi guardi, oggi sto varcando la porta della 1a elementare, sarà facile direte, ma non lo è per me che soffro di asma e allergia, e che per questo sono stato pochissimo all’asilo.

 Io e mamma fino ad oggi siamo stati inseparabili, lei c’era sempre, nei momenti di gioco, in quelli di
apprendimento, in quelli del cibo, con merende volanti sopra cucchiai che si trasformano in aeroplani, nei momenti
delle favole della buonanotte, con storie graziose e piene di fantasia che mi piacciono tanto e mi fanno dormire
tranquillo e sicuro…

 Ed ora siamo qui su questa porta ed io non voglio entrare.

«Rimani qui. Guardami dietro la finestra ok? Resta lì.»

 Entro in classe, tu ci sei dietro la finestra seduta sul marciapiede, sono più sereno, decido di uscire per salutarti un’altra volta, la maestra mi accompagna un attimo, io ti do un bacio, gli altri bambini guardano dietro la finestra incuriositi, decido di farti andare, provando un germoglio di vergogna nello sguardo degli altri bambini. Anche se io sono il più piccolo in classe, ho solo cinque anni, ho fatto la Primina.

 Che dolce la mia mamma, ha aspettato che mi ambientassi e non mi ha rimproverato capendo il mio bisogno di lei per quei minuti interminabili…

Sono qui mamma, mi vedi?

«Sì, è quello l’edificio ne sono certo, sali sbrigati!»

 Mannaggia, mi spiace non poterla accompagnare dentro, con questo virus tocca aspettare fuori. Tu viaggi piano, con rassegnazione verso le tue gambe che non ti accompagnano nelle corse all’ultim’ora che eri abituata a fare… Purtroppo questa malattia ti condiziona, ti cambia. I miei occhi non vogliono accettare, e quindi ti guardo come fossi una figlia, da spronare… Sì, purtroppo io non ho la pazienza che avevi tu, né il sorriso, né la clemenza… O forse sì? Forse tutto questo è solo la paura di accettare che le cose cambiano, che io non sono più l’io che sta entrando a scuola, ma ora sei tu. Ed io non sono pronto, non mi sento pronto a guardarti con gli occhi tuoi. Vorrei tanto però! Vorrei assopire questa paura, ed in un gesto, in una carezza, in una parola, riuscire a comunicarti tutto l’amore che ho per te, per chi sei stata, per quanto mi hai dato, per quanto hai saputo essere la mamma che tutti avrebbero desiderato. Ci provo, provo a dimostrare, ma il mio tentativo fallisce. Tu non te ne accorgi, non lo fai per indifferenza o per cattiveria, non te ne accorgi e basta. Non metto in conto questa malattia che ti cambia…

Vorrei esser come sei stata tu, vorrei avere la tenacia di una madre…

«Ciao mamma, allora? Che ti hanno detto? Come è andata la visita? …»


Giorgio Giasir

11/08/2020

Racconti

Lezioni d’amore

  • 19 Novembre 201919 Novembre 2019
  • da giorgiogiasir


« Mmm? Che c’è? »
« Niente, oggi sono un po’ giù. »
« Perché? »
« Non lo so, sarà il tempo,forse. »
« Facciamo un gioco, allora? »
« Lo sai che non mi piace giocare. »
« Lo so. Però questo è più di un gioco. »
« Cioè? »
« Voglio dire, è il gioco della vita. Sei pronto? »
« Che vuoi dire, ..certo che sì! »
« Bene. Facciamo finta che io non ci sia più. »
« In che senso? »
« Nel senso classico, io muoio e tu sei qui, senza di me. »
« Mmm.. che gioco stupendo. Non hai un’altra idea? Già sono depresso…Dài! »
« È il momento giusto, forza! »
« Ok, va bene… tu non ci sei più e io sono solo. »
« Sì. Esatto. Devi sopravvivere. Fai da mangiare, per te, solo per te stesso, per poter vivere. Che fai? »
« Oh… beh…che faccio… come tutti..mangio un po’ qua, un po’ là. Panini, pasta, uova. »
« E poi? Vivi con queste cose? Ti ricordi quel bel documentario sui solitari abitanti di quell’isola in Liguria? Tutti uomini. »
« Si, ricordo. Bello, …solitudine, silenzio, natura… »
« Ecco. Ce n’era uno in particolare, sognava di trovare una cuoca. Che venisse là a fargli delle minestre. »
« Sì, ricordo, viveva solo lì, col suo cane, bella casa…vuota. »
« Ecco, io vorrei…anzi, ..non vorrei mai che tu avessi bisogno di una cuoca, di una donna delle pulizie, niente. Mi piacerebbe che tu fossi indipendente, libero, autosufficiente. »
« Ah, capisco ma….dove vuoi arrivare?? »
« Dove? Be’…vorrei che tu fossi più bravo di quello là, …E imparassi a fare una minestra. »

La guardo: Com’è bella. Sicura, forte, senza paura, autonoma e seria. La mia donna. I suoi occhi sono spalancati e chiari, mi guarda senza velo alcuno, picchia il mio ego maschile senza difficoltà. Ha le porte aperte, e lo sa. Ha ragione, come sempre in queste cose. È vero, non so cucinare che tre o quattro cose. Che tristezza, mi diceva mio padre, l’anziano solo, costretto ad andare a cena all’osteria, perché non sa fare nulla in casa… Aveva ragione pure lui, caro papà, certo che avevi ragione. Forse non sono capace, non ho ambizioni da Cracco, sono viziato? O trovo sempre il pasto bell’e pronto, e non ci penso neppure a trovare un giorno la tavola vuota. Così ascolto. Ci provo, almeno. Lei, con pazienza, mi sembra un uccellino che insegna alla prole il primo volo. Calma, tranquilla, segue i miei movimenti ed errori, e ripete i passi, le sequenze, gli ingredienti, il sale, le carote, le verdure…. Una semplice minestra. “Fai così, e non cosà, perché è meglio”, e mi spiega il perché, mi apre un mondo, una conoscenza aliena, lontana dal mio essere maschile, anni luce.

Finiamo la lezione. Ho capito tutto?
« Certo amore, sono sicuramente in grado di cavarmela, se necessario. Grazie, sei stata brava. »
Lei mi guarda: non saprò mai se è sicura di avermi convinto oppure no.
Io pure non lo so. Saprei cavarmela? O chiederei aiuto, come quel Ligure solitario, che sognava una cuoca a prepararli una minestra? Io però possiedo una cosa che lui non ha:
Io ho avuto questa lezione, una lezione d’amore, tutta per me.
Personalizzata: Occhi azzurri, carote, olio di oliva, verdure, aglio, sorrisi, sedano, cipolle, gesti, sale, pepe, risate, abbracci, frecciatine, pomodori e complicità.
Bastano, per sopravvivere?

Direi di sì.

L’anonimo artista della battigia

Pubblicato su:
“Brezza di mare”
il 13/11/2019

Poesie

Non era una promessa

  • 9 Maggio 201915 Ottobre 2020
  • da giorgiogiasir

 Non era una promessa,
ma un regalo.
Fummo noi a non percepirne il dono
e a credere di averne diritto.
Nei tuoi occhi
la consapevolezza della lotta
per preservarlo.

 Vorrei aver saputo…
Vorrei aver lasciato il mio più bel saluto
al tuo senso che se ne andava.
Ma qui gli occhi di chi non vide
furono i miei…
Pensando che non vedendo
il tempo si sarebbe fermato,
nell’immagine dei giochi
e nell’allegria dell’infanzia.
Ma il tempo prosegue…
Anche senza di me.
Ed ogni istante bello non vissuto
è un istante perduto.

 Non era una promessa,
era un dono!
Ma la promessa ci sarà,
una soltanto:
Che gli occhi miei rileggano questi versi
quando del dono io ne perderò memoria.
Una carezza per te dolce amica,
sempre pronta avrò,
ed in questo piccolo dono d’amore,
una testimonianza
a questa promessa darò.

Giorgio Giasir
19/01/2019

Poesie

Amore effimero

  • 29 Aprile 201929 Aprile 2019
  • da giorgiogiasir

Lasceremo il nostro cammino sulla sabbia nella notte,

e le impronte resteranno impresse per sempre.

Giorgio Giasir

21/08/2018

Racconti

Testimone d’infinito amore

  • 24 Aprile 20193 Agosto 2019
  • da giorgiogiasir

 Lo vedevi spuntare dalla scogliera rocciosa con piccoli salti.
Salti sicuri di un piccolo uomo che conosceva ciò che faceva.
Salendo sentiva l’adrenalina nelle sue ancor piccole, giovani gambe 
perché sapeva che un errore gli sarebbe potuto costare la vita.
Ciò gli dava un senso di responsabilità nei confronti del suo essere
e faceva di lui un piccolo saggio che ad ogni passo acquisiva qualcosa…

Arrivato in cima si voltava guardando giù…

I suoi piedi soffrivano ma lui no.
La tramontana come una bimba giocosa gli spettinava leggermente
i capelli, il suo sguardo era fisso e sicuro come lo sguardo di un falco
quando studia la sua preda e con un’estrema dedizione ammirava ciò
che si svolgeva dinanzi a lui conquistato da questo spettacolo ad unica
esecuzione, tutte le sere differente…

Sotto di lui si scorgeva un’unione fascinosa…

 La scogliera nei suoi fondi toccava il mare ed esso eccitatosi da questa
carezza fluiva sopra di lei in piccole onde frizzanti.
Il rumore dell’acqua riecheggiava scorrendo dentro le lunghe e taglienti
fessure della roccia come cascate di perle e cristalli preziosi;
ed una popolazione di granchi e minuscoli molluschi,
come frutto di questo eterno coito d’amore, danzavano con le
alghe sopra di essa.

 Più in là onde solitarie si avventuravano sopra i fondali cercando
di scoprir nuovi misteri da questo mondo sommerso,
a lor consentito di osservare solo da lontano,
come eterni viaggiatori, che osservano paesaggi dall’alto,
senza poter toccare con mano.

E lì dove lo sguardo si alza in volo tra cielo e mare, ammirava
stupefatto ciò per il quale aveva affrontato la scogliera:

 Un sole che, estasiato dalla bellezza del profilo della terra madre,
esalta ogni suo color per conquistarla.
Un rosso fuoco avvolge tutto il cielo svelando il suo cuore di passione,
più in alto un rosa , come un tappeto di fiori in dono alla sua amata.
Viola azzurro ciano e tutti i colori tra le nuvole, come fuochi
d’artificio tra la neve, mostran a tutti l’incontrar dei loro cuori.
E dopo poco allontanandosi come due eterni innamorati, nell’intimità
portan con sé per una notte tutti i colori, per donar completamente
il loro amor, fino al mattino.

 Così lui felice d’esser stato testimone dell’amore tra mare e roccia,
sole e terra, rimane in compagnia della sua candida e delicata luna;
e rapito dal suo volto, usa le stelle come scalini, la raggiunge e su di essa
dorme accoccolato aspettando una nuova giornata piena di luce, colori e
splendide avventure…

…Dove sarà finito quel bambino?
Quell’eterno scopritore che dalle cose conquistava
l’essenza più profonda e ne faceva parte?

Dove sarà quel piccolo ometto che era capace di affrontare rocce
affilate scalzo, per partecipare all’amor divino?

Speriamo sia ancora là, pieno di sete di scoprire e di sapere,
pieno di voglia di comprendere la bellezza e di farne parte,
pieno d’amore per ciò che lo circonda e per chi lo vuole così:

Un piccolo uomo, testimone d’infinito amore.

Giorgio Giasir
14/07/2008

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