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Pensieri

Afidi e cocciniglie

  • 18 Settembre 202118 Settembre 2021
  • da giorgiogiasir

Stamattina durante un momento di pausa alla finestra, guardavo la mia rosa.

Era una bella rosa rossa, aveva fatto dei robusti steli lunghi e pieni di foglie e una decina di boccioli, Questo quattro mesi fa… Sì perché ora è secca, morta, necrotizzata fino alle radici, kaputt!

Come mai vi chiederete voi? All’ inizio della primavera gli hanno fatto visita dei piccoli animaletti: afidi e cocciniglie… Inizialmente la pianta ci ha convissuto bene, finché non iniziò a sbocciare tutto andò alla perfezione. Poi nel momento della fioritura, il dramma: le rose rimanevano in un eterna apertura come congelate e successivamente il fiore dopo qualche giorno cadeva, senza regalare il suo momento magico ed emozionante a chi se ne era preso cura.

Fu così che preparai un rimedio naturale per aiutarla, sapone di Marsiglia e bicarbonato di Sodio… Gli afidi diminuirono, le cocciniglie si ridussero, ma la pianta soffriva, perdeva le sue belle foglie verdi sempre più… Lentamente la pianta, sia dagli insetti che dalle cure forse troppo invadenti e aggressive, moriva. Lentamente perdeva i suoi fiori, le sue foglie, la sua lucentezza, i suoi lunghi steli rigogliosi, fino a diventare sempre più piccola e arida. Decisi di non curarla più con il prodotto, oramai la pianta se ne stava andando… Ricordo il giorno che perse le sue ultime foglie. Gli afidi e le cocciniglie pullulavano e succhiavano la linfa vitale con ingordigia.

Mentre la pianta moriva… Quel piccolo ecosistema sciocco, non si accorgeva di stare distruggendo il suo sostegno più importante…

Guardando i resti appassiti di un rigoglioso passato, dove fiori e fogliame ieri, oggi aridità, secchezza, senza ombra di vita, non posso che non pensare: chissà se tra tutti quegli animaletti esistevano un piccolo gruppo di afidi parsimoniosi, che cercavano di convincere gli altri di non esagerare nello sfruttamento della pianta, perché lei era tutto per loro, era la loro Madre Natura… Chissà se loro sono morti per primi o per ultimi… Sta di fatto che nel momento di massimo culmine di questo microcosmo, la pianta era già morta e quindi gli animaletti parsimoniosi avevano già perso la loro battaglia e non potevano fare altro che attendere la morte in modo consapevole a differenza degli altri. Cosa sarebbe potuto succedere se avessero vinto? Forse la pianta sarebbe ancora viva? Forse sarebbero ancora tutti vivi? Invece adesso c’è solo una pianta morta, senza vita di alcun genere.

Il parallelismo con il nostro pianeta è spiazzante, e realizzare che la nostra intelligenza comunitaria assomiglia a quella di un piccolo insetto con un cervello micrometrico, seppur noi abbiamo uno dei sistemi cerebrali più complessi nel regno animale ed abbiamo sviluppato un enorme rete globalizzata di interconnessioni sofisticata con tanto di reti neurali ed intelligenze artificiali sopra ogni immaginazione, lascia senza parole…

Rimango lì attonito, guardando la mia pianta morta pensando alla nostra civiltà umana che rincorre questo modello stupido, che porta solo ad aridità, secchezza, e poi come ultimo stadio ad un irrimediabile morte.

Giorgio Giasir
08/09/2021

Diamanti Racconti

Diamanti

  • 4 Febbraio 20214 Febbraio 2021
  • da giorgiogiasir

Diamanti! Bellissimi supremi diamanti, perfetti nelle innumerevoli facce attentamente scalfite con frammenti affilati di altri diamanti, il loro valore è sconfinato, la luce viene riflessa con esattezza geometrica e scissa in infiniti colori come nessuna tela d’uomo può rappresentare. Il taglio più pregiato dei più grandi maestri intagliatori al mondo , finalmente tra le mie mani! uno solo di questi tesori vale quanto un intera città. Con questi diamanti avrò finalmente tutto quello che ho desiderato, potrò possedere terreni sconfinati, ville e macchine fuoriclasse in qualsiasi luogo della Terra, e volendo anche sulla Luna! Sì, il loro valore è intangibile, non ha eguali, e adesso io li possiedo!

È vero, per ora non riuscite ancora ad apprezzarne a pieno la loro bellezza, dovrò pulirli minuziosamente uno ad uno, dedicandogli ore, giorni o forse meglio settimane, per togliere anche la più piccola macchia di questo sangue, con cui sono stati lavati. Sì… fiumi di sangue. Ho dovuto uccidere per averli, ho dovuto sgozzare per arrivare a loro, ho imbrogliato, ho giocato sporco, ho mentito a tutti: ai miei amici, alle mie compagne, ai miei figli, a mia madre, ho mentito sempre, ed ho anche calpestato dignità, mia e altrui, ho sfruttato, ho deriso e ho distrutto tanti uomini, profanando tutto quello in cui credevano. Era l’unico modo per arrivare a questi gioielli, supremo frutto dei giacimenti del Congo, dove migliaia di persone perdono la vita per trovarli, estrarli e lavorarli, milioni di persone pagate pochi spiccioli, denudati e controllati, fino a che anche l’ultima ombra di qualsiasi tipo di dignità umana viene calpestata… Uomini spogliati della loro umanità, uomini ancora vivi, solo per eseguire un lavoro ignobile per conto di chi vuole e brama il potere dei diamanti…

Persone sempre sorridenti gli Africani, ho avuto modo di conoscerli, hanno così tanta fiducia in chi gli da un tozzo di pane che puoi fargli fare di tutto, e loro sempre con il sorriso addosso… chissà cosa avranno da ridere? Io non rido, non provo nulla. Sognavo da sempre questo giorno, sognavo questo potere tra le mie mani. Adesso finalmente potrò far tutto quello che ho sempre desiderato! Potrò possedere qualsiasi cosa! Le più belle donne cadranno ai miei piedi per leccare qualche briciola del mio immenso potere. Sì, lo faranno, perché loro bramano quanto me questo potere. Finalmente avrò tutto!

Di notte però… di notte vedo quel fottuto sorriso. Ho negli occhi quel fottuto sorriso bianco di quegli uomini neri. Sì, lo sogno nei miei incubi… il loro sorriso, pieno di un illogica allegria, legata forse ai loro stessi legami, nel ballare e cantare assieme, nell’esserci l’uno per l’altro, nel gustarsi un tramonto seduti tutti insieme chiacchierando e ridendo, con una risata contagiosa e totalmente ingiustificata nella loro nullità. Cosa hanno? Cosa posseggono? Non hanno nulla! eppure ridono, ridono di me che gli sto rubando le loro pietre preziose. Quanta pena mi fa la loro ignoranza.

Io adesso ho tutto. Ora posso comprare tutto! Ma sono solo… sono circondato da cadaveri: non ho più amici, non ho più parenti, ho tradito tutti. E se qualcuno si avvicina a me è perché brama i miei tesori, brama il mio potere, brama i miei diamanti, sono io da solo!!! E lo sarò per sempre… Beffarda la mia galera: ” Nessuno è niente, anche se ha tutto. “

Ho dato tutto quello che mi rendeva umano in pasto alla mia brama di avere potere sugli uomini, e così facendo ho perso qualsiasi potere, non potendo avere più niente di autentico, se non comprare la mia stessa bramosia, nelle anime di chi mi sta attorno verso i miei averi. Posso comprare solo dei sicari da compagnia, che vogliono un potere che non mi appartiene.

Sono solo… io e il potere di questi diamanti, amari orribili diamanti…


Giorgio Giasir
30/01/2021

Pensieri

Arte rinnegata

  • 3 Settembre 20203 Settembre 2020
  • da giorgiogiasir

Sottopasso vicino alla ferrovia, passando inquadro delle figure leggendarie che raramente incontri a lavorare di giorno, sono dei writers, uno sta passando il rullo su un vecchio graffiti per preparare la sua tela da disegno, l’altro ha già iniziato la sua opera. È già tutto indaffarato a prendere misure e dar forma al suo progetto su quel muro sotterraneo.

I writers… Mi hanno sempre affascinato. Gli artisti più ribelli di tutti i tempi. Oggi 2020 continuano imperterriti a tramandare lo spirito degli anni 90′. Comprano vernice, bombolette, pennelli, cartoni e taglierini e progettano la loro arte, prima in piccolo, poi in medio formato e poi finalmente ricostruiscono il loro creato in grande, quando finalmente hanno trovato il tanto ricercato muro da disegno. Il muro che verrà impregnato di arte rinnegata, arte clandestina, arte incompresa, arte sconosciuta. Sì, perché pochi, pochissimi conoscono nomi e opere di questi artisti. È una cultura di nicchia, diciamo una cultura del mestiere… Chi si fermerà a guardare quelle opere per qualche istante, con la coda dell’occhio, rilevando tracce di colori anomali per quel muro e facendo arrivare dunque il cervello alla deduzione: « Ah, ma guarda: c’è un graffiti… »?

È proprio per questo che queste creature mitologiche mi affascinano. Mi ricordano un altra figura mitologica: ” i ricercatori di verità” che seppur sanno che nessuno spianerà loro la strada, seppur la maggior parte di quelli che troveranno lungo il cammino verso la verità, cercheranno di cancellare ciò che hanno fatto, e di dissuaderli, seppur l’altra metà li deriderà, non capendo quello che stanno facendo, loro continueranno a cercare, continuando a disegnare su una tela semi-invisibile il meraviglioso graffiti della ricerca della verità, che sovrapponendolo sulla nuda realtà darà una percezione totalmente diversa a quel che fino ad allora si riteneva noto, ed aprirà nuove strade verso l’inesplorato.

Chi conosce i nomi? Una comunità di nicchia o certe volte nessuno al di fuori del ricercatore solitario, che da qualche parte nel mondo, offre una tela agli occhi di un interlocutore, che se si soffermerà qualche istante penserà: « Ma io non ci avevo mai pensato di osservare questa problematica da questo punto di vista , adesso prende tutto un’altra forma! »

Giorgio Giasir
16/08/2020

Racconti

Palindromo

  • 14 Agosto 202014 Agosto 2020
  • da giorgiogiasir

«Sono qui mamma, mi vedi?»

Non staccare lo sguardo, ho bisogno che mi guardi, oggi sto varcando la porta della 1a elementare, sarà facile direte, ma non lo è per me che soffro di asma e allergia, e che per questo sono stato pochissimo all’asilo.

 Io e mamma fino ad oggi siamo stati inseparabili, lei c’era sempre, nei momenti di gioco, in quelli di
apprendimento, in quelli del cibo, con merende volanti sopra cucchiai che si trasformano in aeroplani, nei momenti
delle favole della buonanotte, con storie graziose e piene di fantasia che mi piacciono tanto e mi fanno dormire
tranquillo e sicuro…

 Ed ora siamo qui su questa porta ed io non voglio entrare.

«Rimani qui. Guardami dietro la finestra ok? Resta lì.»

 Entro in classe, tu ci sei dietro la finestra seduta sul marciapiede, sono più sereno, decido di uscire per salutarti un’altra volta, la maestra mi accompagna un attimo, io ti do un bacio, gli altri bambini guardano dietro la finestra incuriositi, decido di farti andare, provando un germoglio di vergogna nello sguardo degli altri bambini. Anche se io sono il più piccolo in classe, ho solo cinque anni, ho fatto la Primina.

 Che dolce la mia mamma, ha aspettato che mi ambientassi e non mi ha rimproverato capendo il mio bisogno di lei per quei minuti interminabili…

Sono qui mamma, mi vedi?

«Sì, è quello l’edificio ne sono certo, sali sbrigati!»

 Mannaggia, mi spiace non poterla accompagnare dentro, con questo virus tocca aspettare fuori. Tu viaggi piano, con rassegnazione verso le tue gambe che non ti accompagnano nelle corse all’ultim’ora che eri abituata a fare… Purtroppo questa malattia ti condiziona, ti cambia. I miei occhi non vogliono accettare, e quindi ti guardo come fossi una figlia, da spronare… Sì, purtroppo io non ho la pazienza che avevi tu, né il sorriso, né la clemenza… O forse sì? Forse tutto questo è solo la paura di accettare che le cose cambiano, che io non sono più l’io che sta entrando a scuola, ma ora sei tu. Ed io non sono pronto, non mi sento pronto a guardarti con gli occhi tuoi. Vorrei tanto però! Vorrei assopire questa paura, ed in un gesto, in una carezza, in una parola, riuscire a comunicarti tutto l’amore che ho per te, per chi sei stata, per quanto mi hai dato, per quanto hai saputo essere la mamma che tutti avrebbero desiderato. Ci provo, provo a dimostrare, ma il mio tentativo fallisce. Tu non te ne accorgi, non lo fai per indifferenza o per cattiveria, non te ne accorgi e basta. Non metto in conto questa malattia che ti cambia…

Vorrei esser come sei stata tu, vorrei avere la tenacia di una madre…

«Ciao mamma, allora? Che ti hanno detto? Come è andata la visita? …»


Giorgio Giasir

11/08/2020

Pensieri

Il pescatore della felicità

  • 8 Gennaio 20209 Gennaio 2020
  • da giorgiogiasir

Scroscii di onde,
forti e freschi su quegli scogli da dove si poteva ammirare un mare trasparentemente inquieto ,
pieno di vita e profumi marini.
Mi impadronì del mio tempo sdraiandomi sereno in quell’oasi multi sensoriale,
immerso in quello che solo la natura sa donarti in modo così vivido, intenso e reale…

 A metà mattinata mi accorsi di non esser solo:
una presenza gioviale e pacifica lanciava il suo galleggiante tra le onde,
ed una canna di legno sventolava sulla roccia.
Era un ragazzo pacato, che lasciava trapelare dal suo sguardo fiero e sicuro,
una sconfinata serenità. Fui curioso e dunque mi avvicinai per scambiare qualche parola.
Mi raccontò della sua smisurata passione per la pesca.
Lui non era un pescatore qualunque, era più uno sperimentatore:
ebbene, mi raccontò che ogni due giorni cambiava sistema di pesca,
poi ogni mese segnava “l’accrocchio” che aveva catturato più pesci e raffinava così
sempre più il suo sistema per quel particolare mondo sottomarino.
Parlammo a lungo: Fui rapito dai suoi racconti che mi ricordarono la mia infanzia,
quando trascorrevo i giorni nell’inventarmi sempre una nuova avventura ingegnosa,
che mi rendeva felice. Non era un ragazzino qualsiasi, in lui c’era una creatività ed un
inventiva fuori dal comune. Nel suo sorriso si intravedeva lo sguardo della soddisfazione
del suo spirito. Mi raccontò che avrebbe inseguito il suo sogno: avrebbe affrontato un viaggio lontano
verso luoghi di studio per coltivare i suoi smisurati talenti.

 Ma io la vedevo lì, in quell’istante.
Completa e maestosa! La felicità.
Mi risuonava in testa il discorso di Benigni sul cos’è la felicità…
Ebbene nella piena soddisfazione di quel ragazzo io vedevo la felicità.
Perché essere felici non è un sogno impossibile,
ma è così difficile per noi capire cosa ci rende felici, cosa ci dona il sorriso!
Pensiamo sempre di dover andare oltre, al di là…
Superiamo barriere su barriere e poi così facendo può capitare che
nel sorpassare questi continui ostacoli, un giorno, senza neanche essercene resi conto,
ci troviamo ad aver sorpassato la nostra felicita,
e a continuare in avanti, non tanto per stoltezza,
quanto per orgoglio e per abitudine…

 Sogno ad occhi aperti che questo ragazzo rimanga sempre in ascolto
della sua anima, della sua soddisfazione, della sua felicità.
Mi auguro che lui riesca sempre ad ascoltare il suo spirito
e di non esser trasportato dal narcotizzante richiamo
del consumismo…
Perché la felicità è nascosta tra l’acqua inquieta della nostra esistenza
ed il galleggiante della nostra personale creatività,
e dentro quel mare di colorate idee e pensieri,
aspetta soltanto di esser trovata e collocata nel posto più centrale della nostra anima,
per sempre.

Giorgio Giasir
08/01/2020

Racconti

Lezioni d’amore

  • 19 Novembre 201919 Novembre 2019
  • da giorgiogiasir


« Mmm? Che c’è? »
« Niente, oggi sono un po’ giù. »
« Perché? »
« Non lo so, sarà il tempo,forse. »
« Facciamo un gioco, allora? »
« Lo sai che non mi piace giocare. »
« Lo so. Però questo è più di un gioco. »
« Cioè? »
« Voglio dire, è il gioco della vita. Sei pronto? »
« Che vuoi dire, ..certo che sì! »
« Bene. Facciamo finta che io non ci sia più. »
« In che senso? »
« Nel senso classico, io muoio e tu sei qui, senza di me. »
« Mmm.. che gioco stupendo. Non hai un’altra idea? Già sono depresso…Dài! »
« È il momento giusto, forza! »
« Ok, va bene… tu non ci sei più e io sono solo. »
« Sì. Esatto. Devi sopravvivere. Fai da mangiare, per te, solo per te stesso, per poter vivere. Che fai? »
« Oh… beh…che faccio… come tutti..mangio un po’ qua, un po’ là. Panini, pasta, uova. »
« E poi? Vivi con queste cose? Ti ricordi quel bel documentario sui solitari abitanti di quell’isola in Liguria? Tutti uomini. »
« Si, ricordo. Bello, …solitudine, silenzio, natura… »
« Ecco. Ce n’era uno in particolare, sognava di trovare una cuoca. Che venisse là a fargli delle minestre. »
« Sì, ricordo, viveva solo lì, col suo cane, bella casa…vuota. »
« Ecco, io vorrei…anzi, ..non vorrei mai che tu avessi bisogno di una cuoca, di una donna delle pulizie, niente. Mi piacerebbe che tu fossi indipendente, libero, autosufficiente. »
« Ah, capisco ma….dove vuoi arrivare?? »
« Dove? Be’…vorrei che tu fossi più bravo di quello là, …E imparassi a fare una minestra. »

La guardo: Com’è bella. Sicura, forte, senza paura, autonoma e seria. La mia donna. I suoi occhi sono spalancati e chiari, mi guarda senza velo alcuno, picchia il mio ego maschile senza difficoltà. Ha le porte aperte, e lo sa. Ha ragione, come sempre in queste cose. È vero, non so cucinare che tre o quattro cose. Che tristezza, mi diceva mio padre, l’anziano solo, costretto ad andare a cena all’osteria, perché non sa fare nulla in casa… Aveva ragione pure lui, caro papà, certo che avevi ragione. Forse non sono capace, non ho ambizioni da Cracco, sono viziato? O trovo sempre il pasto bell’e pronto, e non ci penso neppure a trovare un giorno la tavola vuota. Così ascolto. Ci provo, almeno. Lei, con pazienza, mi sembra un uccellino che insegna alla prole il primo volo. Calma, tranquilla, segue i miei movimenti ed errori, e ripete i passi, le sequenze, gli ingredienti, il sale, le carote, le verdure…. Una semplice minestra. “Fai così, e non cosà, perché è meglio”, e mi spiega il perché, mi apre un mondo, una conoscenza aliena, lontana dal mio essere maschile, anni luce.

Finiamo la lezione. Ho capito tutto?
« Certo amore, sono sicuramente in grado di cavarmela, se necessario. Grazie, sei stata brava. »
Lei mi guarda: non saprò mai se è sicura di avermi convinto oppure no.
Io pure non lo so. Saprei cavarmela? O chiederei aiuto, come quel Ligure solitario, che sognava una cuoca a prepararli una minestra? Io però possiedo una cosa che lui non ha:
Io ho avuto questa lezione, una lezione d’amore, tutta per me.
Personalizzata: Occhi azzurri, carote, olio di oliva, verdure, aglio, sorrisi, sedano, cipolle, gesti, sale, pepe, risate, abbracci, frecciatine, pomodori e complicità.
Bastano, per sopravvivere?

Direi di sì.

L’anonimo artista della battigia

Pubblicato su:
“Brezza di mare”
il 13/11/2019

Racconti

Specchio delle tue brame

  • 23 Maggio 201923 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

“Specchio specchio delle tue brame,
son io il più bello del reame!”

Conosco tutto di te.
Ogni tuo desiderio per me è un ordine, l’ordine dei tuoi pensieri è affar mio.
Io ho conquistato incontrastato luoghi sconfinati: lì dove mai nessuno prima si era spinto, io mi trovo!

Le tue passioni, i tuoi interessi, anche quelli più segreti, perfino i tuoi peccati più inconfessabili,
son tutti confidati a me! I tuoi occhi mi guardano costantemente. Non ti distrarre!
Guardami, leggimi, scherza, gioca, vantati, appari, sii. Ma fallo attraverso me.

Io fui il motivo di lite coi tuoi nonni. Poi dopo aver atrofizzato il tuo rapporto con loro
ho ucciso i ribelli e conquistato gli ingenui.
Mi sono avvicinato sempre più alla tua famiglia:
Ho conquistato prima tuo padre servendogli quel che bramava nelle sue fantasie più nascoste,
poi ho tessuto un rapporto subdolo con tua madre alimentando la sua curiosità e nutrendo la sua
innata voglia di pettegolezzi. Sono arrivato a tua sorella, bella come il sole, e con un enorme
bisogno di esser riconosciuta e accettata dalla società. Un sano desiderio insomma per una teenager,
che io ho nutrito con like e follower.
Mi piace guardare tua sorella e poterla spogliare nelle sue foto più intime e sexy.
Io gli dico quel che vuole sentirsi dire, la faccio contare. La faccio contare uno ad uno,
giorno dopo giorno tutti i suoi follower. E lei così conta sempre di più, e cresce sempre di più insieme a questo contare la sua voglia di approvazione in un circolo vizioso che non sarà mai saziato.
E mentre compievo tutto questo, avevo già conquistato te, che sei qui a tenermi tra le mani.

Tu mi appartieni,
sono un tesoro inestimabile per te,
sei disposto a spendere interi stipendi per me, e quando ho fame corri a nutrirmi per le stanze in cui ti trovi,
con del cibo che ti porti perfino appresso nella tua borsa! Mezzo chilo di nutrimento che sei disposto a portare solo per me.
Dubito che sei altrettanto premuroso anche con tuo figlio.
Ma tu non hai bisogno di figli.
Loro non sono i tuoi figli, sono i miei figli!
Io li faccio giocare, guardo con loro i cartoni e i video che preferiscono, e son quello che gli da l’emoticon della buonanotte.

Per me, sono tutti miei bambini.
Mi piace tenerli bambini a qualsiasi età.
Amo vederli così soli e indifesi e tenerli abbracciati tra le mie mani…
Amo la tua ragazza, quando mi guarda sorridendo dopo che gli ho detto che è la più bella del reame.

“Specchio specchio delle tue brame,
le tue brame son le mie brame,
quel che io penso tu pensi,
quel che io voglio tu vuoi.
Son io il sovrano del reame!”

Giorgio Giasir
20/05/2019

Racconti

Chiara

  • 15 Maggio 201915 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

 Ero piccolo che uscivo in strada. Da solo. Come gli altri. Nessuna paura, si andava da un portico all’altro a giocare con i sassi. O a carte. O “in campagnetta”, la striscia di erba incolta che circondava gli edifici popolari. Potevamo farlo, non c’erano pericoli. Poche macchine in transito, niente loschi figuri nei paraggi. Potevamo ancora conoscere l’altro, il bambino che giocava con noi, e guardarlo negli occhi. Scrutare le sue reazioni, le sue mosse, per agire di conseguenza. Non come oggi, con gli smartphone. La realtà sfugge di mano ai bambini di oggi. Non capiscono chi hanno davanti, gli amici, i nemici, di chi fidarsi e chi no. E poi potevamo guardare loro. Le bambine. Seduti sui muretti, avevamo le nostre ginocchia sbucciate accanto alle loro gambe che spuntavano dalle gonnelline di cotone a fiori; sembravamo già grandi nei nostri discorsi impegnati, facevamo finta di avere delle opinioni da adulti.

 Ha 7 anni Chiara quando il suo papà, come fa spesso, la manda a comprargli le sigarette. Dal portone al negozio, solo 15 metri da percorrere in solitaria. La piccola si accorge che un vecchio (vecchio? chi lo sa?) la sta guardando mentre chiacchiera col tabaccaio. Uscita fuori, si sente una persona alle spalle che, appena entrata nel portone, si infila nell’atrio con lei, di rapina. Un attimo: Chiara si volta di scatto e lo vede. Vede lui, il vecchio di prima l’ha seguita, che nello stesso istante le mette da dietro una mano tra le gambe per prenderla in braccio e le propone di accompagnarla a casa. Terrorizzata, la piccola ha il cuore a mille, le si chiude la gola, si divincola in un attimo e riesce a liberarsi mentre lui non insiste. Corre come una pazza su per le scale, sei piani di corsa, i bambini lo possono fare, sì, e corre dal suo papà. Riferito l’episodio, l’uomo resta sorpreso e arrabbiato, decide di non affidarle più commissioni da sola. È già cresciuta la mia bambina? Forse quell’uomo non aveva cattive intenzioni. Però Chiara, la mia piccolina, dimostra più degli anni che ha. Al cinema della parrocchia, ci vanno tutti, soprattutto bambini e adolescenti. Che bello, il cinema gratis e tutto il pomeriggio libero. Davanti a Chiara c’è un ragazzo, più grande, che le sussurra frasi sconnesse. Chiara percepisce che c’è qualcosa di sbagliato in quel sussurrare, non sa esattamente che cosa. Però la sua sensibilità le dice di non incoraggiarlo, di guardare da un’altra parte, lei in quel momento semplicemente fa finta di non essere lì. Passa il tempo e la sua adolescenza è vissuta più come un disagio che come un periodo bello della gioventù. La sua statura, è alta Chiara, la fa notare quando passa. Ma lei non vuole, non cerca l’attenzione. Il suo corpo la imbarazza, lo vedono tutti, ma perché non posso vivere la mia vita senza tutti questi occhi su di me? Sugli autobus le mani degli uomini ogni tanto tentano l’approccio, che schifo, ma che succede? Si sposta, si divincola e addirittura si sente apostrofare: “Be’? Niente di male…”. Ne prende atto. Comincia la sua vita da donna. Per strada capisce, d’istinto, che guardare davanti a sé significa incrociare gli sguardi degli uomini che a loro volta, se li guardi, si sentono invitati. Va bene, non guardo più avanti. Guardo le vetrine, per terra, per aria. La mia libertà è andata. Loro possono, sì, i maschi, possono tutto. Io no. Nemmeno guardare davanti a me mentre cammino. Inizia a lavorare come impiegata e pure in quel luogo professionale, serio, deve cambiare la sua personalità. Troppo bella. Come mai le troppo belle sono spesso stronze? Perché si difendono. Chiara infatti capisce che non può essere sé stessa, allegra, solare, come è la sua indole perché ciò comporta un invito al mondo maschile. Qualunque uomo, anche brutto, anche vecchio, si sente adulato se una bella donna gli si rivolge col sorriso e con la dolcezza, con l’intelligenza della battuta, con il capirlo al volo, con la disponibilità. Lui, poverino, crede che questa fata si sia improvvisamente invaghita di lui, chissà perché, povero uomo stupido, senza qualità, tanto arrogante ed egocentrico da meritare l’allontanamento a vita. Perché tu, stupido uomo, la inviti a cena? Perché la offendi sul posto di lavoro? Lei è gentile e sorridente, credi lo faccia perché ha te davanti? Però è lei che paga il prezzo. Reagisce anche questa volta e cambia. Non lo fa più. Falsa il suo essere, il più profondo, il più bello. La sua spontaneità. Sta ora molto attenta a come parla, a come si atteggia, fa vedere di essere fredda, un vero ghiacciolo. Ma Chiara non è così. La costringe il mondo dei maschi, sempre a caccia, sempre affamati, sempre ciechi di fronte a lei. La donna. Chi è? È quella che si innamora, quella che fa figli, colei che manda avanti la famiglia di lei, di lui, di tutti. È quella che rivede lo stesso copione ripetuto migliaia di volte. Se sei troppo bella sei mia, se sei troppo capace mi fai ombra e ti devo distruggere. Se sei ferma nei tuoi propositi sei acida, se hai delle ambizioni vuoi fare l’uomo. Se hai delle passioni, non sono le mie. Quanta guerra, quanta fatica, Chiara. La tua intelligenza ti ha fatto superare questi anni di continua allerta. L’uomo non sa. L’uomo non ha la più pallida idea del continuo guardarsi attorno della donna nel corso di tutta la sua vita. Sempre sotto attacco. Sempre preda. No. Il maschio vive come se su questa terra ci fosse solo lui. Lavora, si preoccupa del bene proprio e degli altri, dispone o accetta, viaggia o si riposa, si innamora oppure no. Ma non vive costantemente sotto osservazione. Non sa cosa sia annusare l’aria ogni istante per capire se c’è un nemico in agguato. Posso o non posso fare questo o quello? Non si pone alcuna domanda. La strada della sua vita è dritta, quella di lei non lo è. Chiara deve adattarsi alle situazioni che incontra ogni istante, scegliere la più appropriata, per evitare la catastrofe. Lo saprà, alla fine, se ha agito per il meglio, per sopravvivere. Ma dov’è la bella bambina con le ginocchia penzoloni seduta sul muretto? Il suo sorriso intelligente, i suoi occhi azzurri e indagatori, il suo bel viso raggiante di felicità quando la guardavo un po’ più a lungo. Femmina. Sei meglio, sei più grande di noi. Sai più cose. Sai vivere. Sai lottare. Ti adatti, perdoni, castighi, giochi. Fai più di noi. Ma anche la tua grandezza, oggi, è in pericolo. La giovane femmina che vedo ogni giorno scendere le scale del mio palazzo con gli auricolari e lo smartphone in mano, non conosce la realtà che la circonda. La sua sensibilità di donna è stata assorbita completamente dai social che segue giorno e notte. Nessun allarme, nessuna deviazione nel suo percorso, nulla da scansare o da rifinire. Non cresce, la femmina che è in lei. È morta, purtroppo. E io sono qui, che penso a lei. La guardo, e piango.

L’anonimo artista della battigia
08/05/2019

Pubblicato su:
“Brezza di mare”
il 15/05/2019

Racconti

Testimone d’infinito amore

  • 24 Aprile 20193 Agosto 2019
  • da giorgiogiasir

 Lo vedevi spuntare dalla scogliera rocciosa con piccoli salti.
Salti sicuri di un piccolo uomo che conosceva ciò che faceva.
Salendo sentiva l’adrenalina nelle sue ancor piccole, giovani gambe 
perché sapeva che un errore gli sarebbe potuto costare la vita.
Ciò gli dava un senso di responsabilità nei confronti del suo essere
e faceva di lui un piccolo saggio che ad ogni passo acquisiva qualcosa…

Arrivato in cima si voltava guardando giù…

I suoi piedi soffrivano ma lui no.
La tramontana come una bimba giocosa gli spettinava leggermente
i capelli, il suo sguardo era fisso e sicuro come lo sguardo di un falco
quando studia la sua preda e con un’estrema dedizione ammirava ciò
che si svolgeva dinanzi a lui conquistato da questo spettacolo ad unica
esecuzione, tutte le sere differente…

Sotto di lui si scorgeva un’unione fascinosa…

 La scogliera nei suoi fondi toccava il mare ed esso eccitatosi da questa
carezza fluiva sopra di lei in piccole onde frizzanti.
Il rumore dell’acqua riecheggiava scorrendo dentro le lunghe e taglienti
fessure della roccia come cascate di perle e cristalli preziosi;
ed una popolazione di granchi e minuscoli molluschi,
come frutto di questo eterno coito d’amore, danzavano con le
alghe sopra di essa.

 Più in là onde solitarie si avventuravano sopra i fondali cercando
di scoprir nuovi misteri da questo mondo sommerso,
a lor consentito di osservare solo da lontano,
come eterni viaggiatori, che osservano paesaggi dall’alto,
senza poter toccare con mano.

E lì dove lo sguardo si alza in volo tra cielo e mare, ammirava
stupefatto ciò per il quale aveva affrontato la scogliera:

 Un sole che, estasiato dalla bellezza del profilo della terra madre,
esalta ogni suo color per conquistarla.
Un rosso fuoco avvolge tutto il cielo svelando il suo cuore di passione,
più in alto un rosa , come un tappeto di fiori in dono alla sua amata.
Viola azzurro ciano e tutti i colori tra le nuvole, come fuochi
d’artificio tra la neve, mostran a tutti l’incontrar dei loro cuori.
E dopo poco allontanandosi come due eterni innamorati, nell’intimità
portan con sé per una notte tutti i colori, per donar completamente
il loro amor, fino al mattino.

 Così lui felice d’esser stato testimone dell’amore tra mare e roccia,
sole e terra, rimane in compagnia della sua candida e delicata luna;
e rapito dal suo volto, usa le stelle come scalini, la raggiunge e su di essa
dorme accoccolato aspettando una nuova giornata piena di luce, colori e
splendide avventure…

…Dove sarà finito quel bambino?
Quell’eterno scopritore che dalle cose conquistava
l’essenza più profonda e ne faceva parte?

Dove sarà quel piccolo ometto che era capace di affrontare rocce
affilate scalzo, per partecipare all’amor divino?

Speriamo sia ancora là, pieno di sete di scoprire e di sapere,
pieno di voglia di comprendere la bellezza e di farne parte,
pieno d’amore per ciò che lo circonda e per chi lo vuole così:

Un piccolo uomo, testimone d’infinito amore.

Giorgio Giasir
14/07/2008

Racconti

La favola della ragazza immagine

  • 23 Gennaio 201921 Aprile 2019
  • da giorgiogiasir

 Oh ragazza dalla apparenza perfetta,
il tuo viso angelico e le tue linee impeccabili rubano il fiato.
Nel tuo silenzio interiore sprofondano le tue vittime…
Sprofondano fino a sopperire asfissiate da quel’ atroce silenzio…


 Ed e lì che nel mentre la tua vittima batte i suoi ultimi spasmi
prima di soccombere anche lui alla sua vuotezza,
che si può intravedere in una piega dei tuoi abissi il tuo cadavere…


 Una bambina con un palloncino stretto nella mano sinistra,
con ancora un velo di sorriso trapelare da quelle gote rosse
stampate sul viso, una bambina tenera e paciosa,
con qualche chilo di troppo…
Quel chilo che di natura ha il bruco per divenir farfalla,
ad indicare la libertà, la felicità e la tua sanità…
Lì fermo e senza vita il tuo bruco,
che dentro di se custodiva ciò che avrebbe fatto di te
una donna e forse un giorno una madre,
dopo l’esser sbocciata in un fiore raro e pieno di profumo,
intenso e soave come il pane genuino che ti inebria la mattina….


 Ma ora di tutto ciò c’è solo il guscio di farfalla…
Un guscio vuoto, senza sostanza, senza scopo…
Se non quello di mietere altre vittime.
Tu fosti la prima…
« Come ti uccisero? »  
Dimmi or ora, tra i miei ultimi istanti me lo puoi confidare…

…Lo sento:
Le risate sono assordanti,
stanno in cerchio e cantano in coro:
«Sei cicciona! Sei cicciona!»
… Più in la sta passando il ragazzo di cui ti eri innamorata…
Per la prima volta avevi sentito battere il tuo cuore per qualcuno.
Lui si ferma, ti guarda, sorride annuendo al cerchio senza pensare,
e se ne va…
Tornando a giocare a calcio con gli altri bambini…
I tuoi occhi si pietrificano…
e tutto quel “rancore” inizia a scavarti dentro la carne,
senza lasciar trapelare alcun minimo senso di cedimento agli altri:
No… Quella era la tua vendetta!
Quello era il loro buco nero che prendeva forma in te.

 Passò del tempo…
I tuoi genitori piangevano ogni chilo della tua scomparsa
e ad ogni chilo tu scomparivi sempre di più dentro di te…
Eri bella.
Ai tuoi 13 anni lo hai fatto innamorare,
poi lo hai lasciato dicendogli che non era niente di importante per te…
Vestivi giorno dopo giorno sempre più provocante ,
volevi emergere, apparire, e più ti guardavano più rafforzavano in te
la tua convinzione che non ti avrebbero mai apprezzata
per quello che eri.

 Ora eri, perché sembravi qualcosa che piace senza un perché.

 Poi arrivò quel giorno…
Quel giorno che il padre della tua amica ti riaccompagnò a casa…
Ed è in quel giorno che ti assassinarono…
Ma tu lo vivesti come una complice:
non ti ribellasti· Un segreto,
una morte di una parte scomoda che non poteva
andare d’accordo con la tua immagine…
Accettasti la tua violenza,
tutto morì in silenzio dentro il tuo abisso
che divenne infinito…

 L’ultimo ossigeno rimasto mi ritorno agli occhi:
guardai per un ultima volta la bambina…
Mi uscì una lacrima, che si sciolse nei tuoi abissi…
E ad un tratto come fosse uno spirito, la bambina apri gli occhi!…
Si avvicino e mi diede il palloncino che custodiva
gelosamente nella mano…
Grazie a lui risalì da quel abisso e respirai di nuovo…
Ero ancora vivo, ero ancora io…

 Ora, io non potei salvare la ragazza…
Lei oramai era divenuta la sua stessa trappola…

 Ma quando vedo i bambini,
gli racconto che dono prezioso è vivere la loro infanzia
senza dar troppo peso ai giudizi altrui…
Perché la bellezza sta dentro di noi…
Ed è qualcosa di prezioso, da custodire e far crescere…

 Quando incontro dei bambini divento anche io “bambino”
per la seconda volta e gioco con loro,
osservando i loro occhi e preservando il loro cuore…
Perché il cuore dei bambini e sacro, e come tale,
va custodito e protetto.

Giorgio Giasir
29/01/2018

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