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Blog

disegno realizzato da Flavio Bianchi Pensieri

Terrapiattisti sulla cresta dell’onda

  • 19 Ottobre 202225 Dicembre 2022
  • da giorgiogiasir
Leggo poesie del passato, 
versi pieni di significato. 
Parole partorite con dolore, 
la scelta sarà costata ore.
Parole forti, pensieri arguti, complessi.
Poesie immortali, poesie da leggere, 
rileggere, rimembrare, su cui riflettere, 
poesie mai del tutto comprese,
il senso è tale che ti lasciano lì a pensare,
come i testi di quelle canzoni che ti parlano 
solo quando avevi già da tempo
smesso di ascoltare.
Penso alle parole,
parole di prole senza seme e senza fiore,
parole usate per riempire, pompose e gonfie, 
mongolfiere strabordanti per gonfiare il cielo, 
senza poter più nemmeno respirare, 
senza poter più vedere il sole.
Solo, 
a provar il silenzio delle frasi contenitore, 
frasi sorde, che non ascoltano 
e nulla amplificano, 
nulla trasportano, 
tranne il suono assordante, petulante 
e misero del venditore.
Solo, 
a sognar scrittori, poeti, creatori.
e non pareti a separare cuscini 
per soffocare la linfa, dagli spini…
Navigo su un mare di olio sottile 
e inconsistente, 
leggero e insignificante,
navigo sulla comunicazione facile,
quella sufficiente, quella rapida,
quella che dell'essenziale ha perso
persino il ricordo,
trattenendo solo l'inutilità 
di un efficienza sterile, 
senza semi, senza fiori, senza prole.
Navigo sulla cresta di un'onda globalizzata, 
che ha sempre una risposta pronta,
che sa sempre quello che cerco,
ancor prima di me.
Perché lo ha già deciso lei.
Navigo su un onda rapida, 
che mi porta lontano,
Così lontano che non so 
neppure dove mi trovo, 
talmente lontano che cadono 
le stesse leggi Fisiche.
Mi trovo su un mondo piatto,
di una terra piatta,
su cui c'è un onda che viaggia veloce, 
implacabile, verso l'argine,
quell'argine sempre più 
minacciosamente vicino,
ma ormai non me ne accorgo nemmeno più,
perché quest'onda infernale
non si può più fermare.
E sento sempre più la terra sotto i piedi,
Tremare.
Giorgio Giasiranis
15/06/2022

Disegno realizzato da Flavio Bianchi

Pensieri

La guerra del coccodrillo mascherato

  • 25 Dicembre 202125 Dicembre 2021
  • da giorgiogiasir

« Ebbene mio caro, la guerra ha indossato un abito nuovo da un po’ di anni…

Inutile fare esplodere palazzi, sparare missili e uccidere popolazioni. Il regno del terrore ha le gambe corte, si sa che dopo la paura, dopo il timore, dopo l’intimidazione nasce la reazione e la difesa. Se dentro casa tua entrasse un enorme coccodrillo e mangiasse i tuoi genitori e tu miracolosamente restassi l’unico superstite, tremeresti, piangeresti, perderesti il sonno, soffriresti e poi dopo esserti immerso nella disperazione più profonda, troveresti una strategia per ammazzare il mostro.

Qualsiasi guerra è destinata a fallire! tranne una…

Se il mostro si travestisse da tuo amico, se perdesse le sembianze da coccodrillo e si vestisse da disinteressato tenero amico, se il tuo “nuovo amico” riuscisse ad instaurare in te delle dipendenze, affettive o materiali che siano, se il tuo finto amico riuscisse con il tempo a creare in te delle grosse insicurezze, sgretolando pian piano le tue vere amicizie, lasciandoti spoglio e solo, con lui come unico amico fidato e consigliere, insomma se lui fosse il tuo “influenzatore”, colui che c’è sempre lì dove tutti gli altri hanno mancato o dove non sanno, colui che ti aiuta a risolvere i problemi che in precedenza si è impegnato pazientemente, minuziosamente e diligentemente a crearti, attenzione, non per istruirti, ma per dominarti! Beh…a quel punto tu non potresti fare altro che accettarlo, ed accettarlo anche quando diventerà più brutto, quando inizierà a fare uscire qualche squama, quando inizieranno a vedersi i denti lunghi e gialli, quando inizierai a sentire quell’alito cadaverico che prima ti avrebbe fatto correre via come una gazzella e che adesso invece nella tua assuefazione, nel tuo torpore, nell’oblio, ti sembra quasi un odore familiare, e come se anche tu avessi quell’odore…

A quel punto il mostro non se ne andrà, a quel punto le porte di casa tua saranno sempre aperte, a quel punto non ha più senso alcuna guerra, non ci sarà più alcuna guerra! A quel punto c’è finalmente la pace, una pace tombale: ci sei tu, il tuo mostro e quello che ti dice di fare, in quel tetro scenario post apocalittico in cui l’unico odore e sapore che rimane è quello dell’ acquitrino pieno di corpi putrefatti nella loro anestesia più totale, senza volti, senza più alcun ombra di quella ricchezza che permeava l’uomo: senza anima, senza sentimenti, senza legami, in una parola: senza umanità. La guerra non si vedrà più, avrà già vinto, e saremmo noi a pagarne il conto dandogli tutto. »

Giorgio Giasir
16/12/2021

Pensieri

Gli alberi

  • 2 Ottobre 20212 Ottobre 2021
  • da giorgiogiasir

Sono in auto, agitato, sommerso dalle mie ansie quotidiane, soffocato dai doveri che si accumulano fragorosamente, il cuore batte più forte, la mia temperatura sale, il respiro diventa corto, affannato.

Sto aspettando nel parcheggio e nel mentre mi accorgo fuori dal finestrino di un ramo di un albero che ondeggia elegantemente fuori dal tempo, una danza soave in mezzo a tutto il solito frastuono quotidiano.

Quell’albero c’era anche ieri, durante un forte temporale autunnale… Era lì che soffriva sbattuto dal vento, non sapeva se sarebbe rimasto illeso o se avrebbe perso il suo bel ramo che oggi volteggia soave. Anche perché non era stato protetto da nessuno, né da lui stesso, né tanto meno dalle persone che correvano al riparo impaurite. Lui solo, nel centro della tempesta fermo a combattere contro le forze della natura.

Quanta fede hanno gli alberi, quanta fortezza nel restare lì con le loro forti radici ad aspettare che ciò che gli sta attorno offra loro quello di cui hanno bisogno, senza ansia, senza paure, senza batticuori, senza frenesie o alterazioni. Armati di enorme pazienza e fede verso la Madre Terra.

Quell’albero oggi mi ha calmato, i suoi colori e le sue foglie svolazzanti nella brezza del tepore mattutino mi hanno regalato quella pace senza tempo che solo loro sanno regalare, forse l’ossigeno che ci regalano gli alberi non è che il loro secondo regalo, il primo regalo è l’ossigeno che regalano alla nostra anima attraverso la loro atavica stoicità nell’essere fedeli verso la provvidenza di Madre Natura.

Giorgio Giasir
29/09/2021

Pensieri

Afidi e cocciniglie

  • 18 Settembre 202118 Settembre 2021
  • da giorgiogiasir

Stamattina durante un momento di pausa alla finestra, guardavo la mia rosa.

Era una bella rosa rossa, aveva fatto dei robusti steli lunghi e pieni di foglie e una decina di boccioli, Questo quattro mesi fa… Sì perché ora è secca, morta, necrotizzata fino alle radici, kaputt!

Come mai vi chiederete voi? All’ inizio della primavera gli hanno fatto visita dei piccoli animaletti: afidi e cocciniglie… Inizialmente la pianta ci ha convissuto bene, finché non iniziò a sbocciare tutto andò alla perfezione. Poi nel momento della fioritura, il dramma: le rose rimanevano in un eterna apertura come congelate e successivamente il fiore dopo qualche giorno cadeva, senza regalare il suo momento magico ed emozionante a chi se ne era preso cura.

Fu così che preparai un rimedio naturale per aiutarla, sapone di Marsiglia e bicarbonato di Sodio… Gli afidi diminuirono, le cocciniglie si ridussero, ma la pianta soffriva, perdeva le sue belle foglie verdi sempre più… Lentamente la pianta, sia dagli insetti che dalle cure forse troppo invadenti e aggressive, moriva. Lentamente perdeva i suoi fiori, le sue foglie, la sua lucentezza, i suoi lunghi steli rigogliosi, fino a diventare sempre più piccola e arida. Decisi di non curarla più con il prodotto, oramai la pianta se ne stava andando… Ricordo il giorno che perse le sue ultime foglie. Gli afidi e le cocciniglie pullulavano e succhiavano la linfa vitale con ingordigia.

Mentre la pianta moriva… Quel piccolo ecosistema sciocco, non si accorgeva di stare distruggendo il suo sostegno più importante…

Guardando i resti appassiti di un rigoglioso passato, dove fiori e fogliame ieri, oggi aridità, secchezza, senza ombra di vita, non posso che non pensare: chissà se tra tutti quegli animaletti esistevano un piccolo gruppo di afidi parsimoniosi, che cercavano di convincere gli altri di non esagerare nello sfruttamento della pianta, perché lei era tutto per loro, era la loro Madre Natura… Chissà se loro sono morti per primi o per ultimi… Sta di fatto che nel momento di massimo culmine di questo microcosmo, la pianta era già morta e quindi gli animaletti parsimoniosi avevano già perso la loro battaglia e non potevano fare altro che attendere la morte in modo consapevole a differenza degli altri. Cosa sarebbe potuto succedere se avessero vinto? Forse la pianta sarebbe ancora viva? Forse sarebbero ancora tutti vivi? Invece adesso c’è solo una pianta morta, senza vita di alcun genere.

Il parallelismo con il nostro pianeta è spiazzante, e realizzare che la nostra intelligenza comunitaria assomiglia a quella di un piccolo insetto con un cervello micrometrico, seppur noi abbiamo uno dei sistemi cerebrali più complessi nel regno animale ed abbiamo sviluppato un enorme rete globalizzata di interconnessioni sofisticata con tanto di reti neurali ed intelligenze artificiali sopra ogni immaginazione, lascia senza parole…

Rimango lì attonito, guardando la mia pianta morta pensando alla nostra civiltà umana che rincorre questo modello stupido, che porta solo ad aridità, secchezza, e poi come ultimo stadio ad un irrimediabile morte.

Giorgio Giasir
08/09/2021

Pensieri

Il “non detto”

  • 19 Maggio 202119 Maggio 2021
  • da giorgiogiasir

Da piccolo non capivo, da perfetto bilingue, perché certi termini che in una lingua avevano un significato positivo o neutro, nell’altra avessero un senso prevalentemente negativo… Dal mio punto di vista le parole erano un sistema per descrivere passi di vissuto, e non per forza questo doveva racchiudere un messaggio positivo o negativo: questo dipendeva secondariamente dal contesto in cui venivano usate.
Negli anni, crescendo, ho compreso dove fosse l’inghippo: ogni parola si porta dietro la sua storia culturale, una sorta di informazione non detta e non spiegata dai dizionari, quella parola avendo un suo proprio vissuto nella società in cui è usata, acquista un suo carattere, una sua identità e di conseguenza si schiera nell’essere una bella parola o una brutta parola, anche se apparentemente innocua e magari con lo stesso significato lessico dell’altra.

Questa mia “scoperta”, da perfetto bilingue, non si è fermata nel contesto comunicativo scritto o orale, ma si è estesa in tutte le forme di comunicazione sociale, sì: lo stesso principio vale anche nella comunicazione virtuale attraverso social. Ci sono frasi o modi di dire nel parlato che è bene omettere in una comunicazione scritta su messaggistica istantanea, perché la mancanza della “reale” Smorfia facciale, non può far comprendere all’interlocutore la vera intenzione emotiva del mittente, e dunque un certo discorso, potrebbe essere soggetto ad una “brutta/cattiva” Interpretazione seppur le intenzioni del mittente potessero essere scherzose o semplicemente neutrali… Da lì, le emoji nel quotidiano che non essendo reali espressioni facciali manipolano ulteriormente questo senso di “buono” o “cattivo” in ogni frase scritta attraverso messaggistica istantanea.

Ma andiamo oltre, viaggiamo ulteriormente in questo viaggio del “non detto” che va estrapolato tra le righe della comunicazione sociale. Entriamo in famosi social: nel primo “figlio di Zuckerberg”, il vecchio e caro fb, abbiamo appreso che alle persone non interessa tanto quello che hai da dire, certe riflessioni è bene tenersele per sé. Non interessano ai tanti, non prendono i “mi piace”, dunque molto meglio un gattino, un immagine d’effetto o ancora meglio un luogo figo con te in primo piano, e… sì! : la foto fatta da solo, che era sinonimo di sfigato, in cui neanche avevi un amico per farti fare una foto, rivendica il suo sangue diventando il selfie. E la foto davanti allo specchio, le famose foto da “bimbo minchia” nate con i primi cellulari a fotocamera, quelle che facevi da solo per vederti i peli nel naso o i brufoli e le stempiature e poi nascondevi in cartelle profonde nelle sottocartelle nel pc, o cancellavi subito, hanno avuto i loro diritti esistenziali e pian piano hanno scalato la piramide sociale conquistando il social.

Il “non detto” dunque è andato oltre, non è più una scelta sociale legata ad una distinzione culturale, non è la società che discute e decide cosa è buono o cattivo, ma è la stessa pura iterazione umana a fare da giudice: è quello che piace di più che decide, e istruisce l’algoritmo a scegliere quello che è più di tendenza e merita visibilità o quello che invece non la merita.

« Un momento, ma è proprio così? :
Se noi siamo già abituati dalla lingua stessa ad evitare certe parole rispetto ad altre, non è che anche un algoritmo, tramite il numero di “mi piace” ci può condurre a rivalutare il nostro pensiero, i nostri contenuti, le nostre decisioni future? Non potrebbe essere questo meccanismo “non detto” a modificare chi siamo “socialmente” e passo dopo passo chi siamo culturalmente?… »

Nel frattempo nasce il figlio adottivo di Zuckerberg , un applicazione per fotografie social: tutto gira inizialmente sul contenuto delle foto: arte, cibo, bellezza nelle varie forme visive fanno da padrone. Il social Instagram cresce sempre di più e papà Zuck ne annusa le potenzialità: Tanti utenti infatti usano fb solo per post visivi, annoiati da letture prive di grossi contenuti, vista l’innata caratteristica del grande fratello fb di mettere in secondo piano i post verbosi o di contenuto significativo, riflessivo, arguto e dunque potenzialmente pericoloso. L’idea è quella di dare a questi utenti annoiati, il substrato del “non detto” di fb ma arricchito con foto di bimbi minchia a gogò, con l’aggiunta di foto colorate su qualsiasi argomento per cui l’occhio umano ha un debole: e si da il via a foto “soft-porn” di tette e culi come se non ci fosse un domani, e giù di “pietanze alla escort” photoshoppate e piene di colori vividi che ti fanno scendere l’acquolina in bocca neanche fossimo cani che fissano braciole alla brace. L’algoritmo premia chi conquista più seguaci affamati di foto accattivanti e sensoriali, dandogli possibilità di guadagno: si introduce la pubblicità attraverso gli influencer, e chi può essere più influenzabile rispetto a un pecorone che sbava guardando foto di cibo e di culi vestiti?… Beh: il figlio adottivo ha superato di gran lunga il “grande fratello”, potremmo rinominarlo “cuculo”, uccello che in natura dopo essere stato deposto in un nido non suo, ingrossa spropositatamente e spinge fuori dal nido il pulcino originariamente proprietario del nido, facendolo precipitare al suolo. A differenza del caso in natura però, qui papà Zuck è ben consapevole del complotto essendo complice…

« ll “non detto” va anche fuori dai social, sai?: »

Quando ci viene data la possibilità di fare tutto a metà del tempo, grazie alla tecnologia sempre più performante, noi siamo convinti di poter spendere il nostro tempo come più ci piace, ma tanti di noi senza neanche saperlo si ritroveranno a lavorare per un qualche papà Zuck per il doppio del tempo rispetto a quanto ne lavoravano prima, e magari la loro vita, senza neanche capirlo, potrebbe precipitare in una prigione invisibile.

Forse il “non detto” andrebbe cercato, e detto.

Giorgio Giasir
14/04/2021

Diamanti Racconti

Diamanti

  • 4 Febbraio 20214 Febbraio 2021
  • da giorgiogiasir

Diamanti! Bellissimi supremi diamanti, perfetti nelle innumerevoli facce attentamente scalfite con frammenti affilati di altri diamanti, il loro valore è sconfinato, la luce viene riflessa con esattezza geometrica e scissa in infiniti colori come nessuna tela d’uomo può rappresentare. Il taglio più pregiato dei più grandi maestri intagliatori al mondo , finalmente tra le mie mani! uno solo di questi tesori vale quanto un intera città. Con questi diamanti avrò finalmente tutto quello che ho desiderato, potrò possedere terreni sconfinati, ville e macchine fuoriclasse in qualsiasi luogo della Terra, e volendo anche sulla Luna! Sì, il loro valore è intangibile, non ha eguali, e adesso io li possiedo!

È vero, per ora non riuscite ancora ad apprezzarne a pieno la loro bellezza, dovrò pulirli minuziosamente uno ad uno, dedicandogli ore, giorni o forse meglio settimane, per togliere anche la più piccola macchia di questo sangue, con cui sono stati lavati. Sì… fiumi di sangue. Ho dovuto uccidere per averli, ho dovuto sgozzare per arrivare a loro, ho imbrogliato, ho giocato sporco, ho mentito a tutti: ai miei amici, alle mie compagne, ai miei figli, a mia madre, ho mentito sempre, ed ho anche calpestato dignità, mia e altrui, ho sfruttato, ho deriso e ho distrutto tanti uomini, profanando tutto quello in cui credevano. Era l’unico modo per arrivare a questi gioielli, supremo frutto dei giacimenti del Congo, dove migliaia di persone perdono la vita per trovarli, estrarli e lavorarli, milioni di persone pagate pochi spiccioli, denudati e controllati, fino a che anche l’ultima ombra di qualsiasi tipo di dignità umana viene calpestata… Uomini spogliati della loro umanità, uomini ancora vivi, solo per eseguire un lavoro ignobile per conto di chi vuole e brama il potere dei diamanti…

Persone sempre sorridenti gli Africani, ho avuto modo di conoscerli, hanno così tanta fiducia in chi gli da un tozzo di pane che puoi fargli fare di tutto, e loro sempre con il sorriso addosso… chissà cosa avranno da ridere? Io non rido, non provo nulla. Sognavo da sempre questo giorno, sognavo questo potere tra le mie mani. Adesso finalmente potrò far tutto quello che ho sempre desiderato! Potrò possedere qualsiasi cosa! Le più belle donne cadranno ai miei piedi per leccare qualche briciola del mio immenso potere. Sì, lo faranno, perché loro bramano quanto me questo potere. Finalmente avrò tutto!

Di notte però… di notte vedo quel fottuto sorriso. Ho negli occhi quel fottuto sorriso bianco di quegli uomini neri. Sì, lo sogno nei miei incubi… il loro sorriso, pieno di un illogica allegria, legata forse ai loro stessi legami, nel ballare e cantare assieme, nell’esserci l’uno per l’altro, nel gustarsi un tramonto seduti tutti insieme chiacchierando e ridendo, con una risata contagiosa e totalmente ingiustificata nella loro nullità. Cosa hanno? Cosa posseggono? Non hanno nulla! eppure ridono, ridono di me che gli sto rubando le loro pietre preziose. Quanta pena mi fa la loro ignoranza.

Io adesso ho tutto. Ora posso comprare tutto! Ma sono solo… sono circondato da cadaveri: non ho più amici, non ho più parenti, ho tradito tutti. E se qualcuno si avvicina a me è perché brama i miei tesori, brama il mio potere, brama i miei diamanti, sono io da solo!!! E lo sarò per sempre… Beffarda la mia galera: ” Nessuno è niente, anche se ha tutto. “

Ho dato tutto quello che mi rendeva umano in pasto alla mia brama di avere potere sugli uomini, e così facendo ho perso qualsiasi potere, non potendo avere più niente di autentico, se non comprare la mia stessa bramosia, nelle anime di chi mi sta attorno verso i miei averi. Posso comprare solo dei sicari da compagnia, che vogliono un potere che non mi appartiene.

Sono solo… io e il potere di questi diamanti, amari orribili diamanti…


Giorgio Giasir
30/01/2021

Pensieri

Arte rinnegata

  • 3 Settembre 20203 Settembre 2020
  • da giorgiogiasir

Sottopasso vicino alla ferrovia, passando inquadro delle figure leggendarie che raramente incontri a lavorare di giorno, sono dei writers, uno sta passando il rullo su un vecchio graffiti per preparare la sua tela da disegno, l’altro ha già iniziato la sua opera. È già tutto indaffarato a prendere misure e dar forma al suo progetto su quel muro sotterraneo.

I writers… Mi hanno sempre affascinato. Gli artisti più ribelli di tutti i tempi. Oggi 2020 continuano imperterriti a tramandare lo spirito degli anni 90′. Comprano vernice, bombolette, pennelli, cartoni e taglierini e progettano la loro arte, prima in piccolo, poi in medio formato e poi finalmente ricostruiscono il loro creato in grande, quando finalmente hanno trovato il tanto ricercato muro da disegno. Il muro che verrà impregnato di arte rinnegata, arte clandestina, arte incompresa, arte sconosciuta. Sì, perché pochi, pochissimi conoscono nomi e opere di questi artisti. È una cultura di nicchia, diciamo una cultura del mestiere… Chi si fermerà a guardare quelle opere per qualche istante, con la coda dell’occhio, rilevando tracce di colori anomali per quel muro e facendo arrivare dunque il cervello alla deduzione: « Ah, ma guarda: c’è un graffiti… »?

È proprio per questo che queste creature mitologiche mi affascinano. Mi ricordano un altra figura mitologica: ” i ricercatori di verità” che seppur sanno che nessuno spianerà loro la strada, seppur la maggior parte di quelli che troveranno lungo il cammino verso la verità, cercheranno di cancellare ciò che hanno fatto, e di dissuaderli, seppur l’altra metà li deriderà, non capendo quello che stanno facendo, loro continueranno a cercare, continuando a disegnare su una tela semi-invisibile il meraviglioso graffiti della ricerca della verità, che sovrapponendolo sulla nuda realtà darà una percezione totalmente diversa a quel che fino ad allora si riteneva noto, ed aprirà nuove strade verso l’inesplorato.

Chi conosce i nomi? Una comunità di nicchia o certe volte nessuno al di fuori del ricercatore solitario, che da qualche parte nel mondo, offre una tela agli occhi di un interlocutore, che se si soffermerà qualche istante penserà: « Ma io non ci avevo mai pensato di osservare questa problematica da questo punto di vista , adesso prende tutto un’altra forma! »

Giorgio Giasir
16/08/2020

Racconti

Palindromo

  • 14 Agosto 202014 Agosto 2020
  • da giorgiogiasir

«Sono qui mamma, mi vedi?»

Non staccare lo sguardo, ho bisogno che mi guardi, oggi sto varcando la porta della 1a elementare, sarà facile direte, ma non lo è per me che soffro di asma e allergia, e che per questo sono stato pochissimo all’asilo.

 Io e mamma fino ad oggi siamo stati inseparabili, lei c’era sempre, nei momenti di gioco, in quelli di
apprendimento, in quelli del cibo, con merende volanti sopra cucchiai che si trasformano in aeroplani, nei momenti
delle favole della buonanotte, con storie graziose e piene di fantasia che mi piacciono tanto e mi fanno dormire
tranquillo e sicuro…

 Ed ora siamo qui su questa porta ed io non voglio entrare.

«Rimani qui. Guardami dietro la finestra ok? Resta lì.»

 Entro in classe, tu ci sei dietro la finestra seduta sul marciapiede, sono più sereno, decido di uscire per salutarti un’altra volta, la maestra mi accompagna un attimo, io ti do un bacio, gli altri bambini guardano dietro la finestra incuriositi, decido di farti andare, provando un germoglio di vergogna nello sguardo degli altri bambini. Anche se io sono il più piccolo in classe, ho solo cinque anni, ho fatto la Primina.

 Che dolce la mia mamma, ha aspettato che mi ambientassi e non mi ha rimproverato capendo il mio bisogno di lei per quei minuti interminabili…

Sono qui mamma, mi vedi?

«Sì, è quello l’edificio ne sono certo, sali sbrigati!»

 Mannaggia, mi spiace non poterla accompagnare dentro, con questo virus tocca aspettare fuori. Tu viaggi piano, con rassegnazione verso le tue gambe che non ti accompagnano nelle corse all’ultim’ora che eri abituata a fare… Purtroppo questa malattia ti condiziona, ti cambia. I miei occhi non vogliono accettare, e quindi ti guardo come fossi una figlia, da spronare… Sì, purtroppo io non ho la pazienza che avevi tu, né il sorriso, né la clemenza… O forse sì? Forse tutto questo è solo la paura di accettare che le cose cambiano, che io non sono più l’io che sta entrando a scuola, ma ora sei tu. Ed io non sono pronto, non mi sento pronto a guardarti con gli occhi tuoi. Vorrei tanto però! Vorrei assopire questa paura, ed in un gesto, in una carezza, in una parola, riuscire a comunicarti tutto l’amore che ho per te, per chi sei stata, per quanto mi hai dato, per quanto hai saputo essere la mamma che tutti avrebbero desiderato. Ci provo, provo a dimostrare, ma il mio tentativo fallisce. Tu non te ne accorgi, non lo fai per indifferenza o per cattiveria, non te ne accorgi e basta. Non metto in conto questa malattia che ti cambia…

Vorrei esser come sei stata tu, vorrei avere la tenacia di una madre…

«Ciao mamma, allora? Che ti hanno detto? Come è andata la visita? …»


Giorgio Giasir

11/08/2020

Pensieri

Mascherine

  • 18 Aprile 202018 Aprile 2020
  • da giorgiogiasir

Mi sembra di camminare tra centinaia di chirurghi. Ma poi, no, osservo meglio:
non sono professionisti. Anzi, questa è gente che vorrebbe evitare un ospedale il
più possibile. E c’è di tutto. Nelle vie cittadine, l’ordinanza ministeriale prevede
l’obbligo di indossarla e tutti si sono attrezzati. Mi fa un po’ sorridere questa
obbedienza e mi intenerisce la nostra accettazione improvvisa di regole nuove.
Immagino dettate dalla paura. Di venir sanzionati, al più, non di ammalarsi.
Così osservo gli sforzi messi in campo da ognuno, per poter girare tranquillo.
Qualcuno usa la carta da cucina, qualcuno il filtro, giudicato “egoista “.
Qualche anziana signora si arrangia col foulard di Kenzo, resuscitato da un cassetto,
fuori moda ma perfetto per la bisogna.
Chirurgiche, sbilenche, fatte a mano o assurde, le mascherine oggi sono obbligatorie.
Vengo incuriosito da una specie di hippy con la barba lunga, che ostenta sul viso un
telo di garza indiano, con il mantra OHM stampigliato all’altezza della bocca.
Vedo fiori stampati sul cotone, simboli della pace o teschi su fondo nero.
Sembra una moda, più che una necessità. Di nuovo esce l’individuo, con le sue caratteristiche,
che sfrutta questa novità per esibire la propria personalità.
Io-diverso-da-te.
E così sul web vedo la blogger Ferragni, che si sforza di sorridere sotto
la maschera fashion, o il cantante Vasco Rossi che ci rinfresca la memoria
sui movimenti femministi e i loro simboli.
Ma che sta succedendo?
Mi sembra una richiesta di aiuto, questo continuo, inesorabile volere, a tutti i costi, apparire.
Chi c’è dietro la maschera? Hai paura? Di cosa?
Di sparire, di non essere riconosciuto, di rimanere solo?
La tua costante presenza sui social media ha fatto già i suoi danni.
Se non appari, non esisti.
E come puoi apparire, nella vita reale, col viso coperto?
Capisci forse, appena sotto pelle, lo stato d’animo della donna nel mondo musulmano?
Coperta, nascosta, dimenticata,
cancellata, lei non esiste.
Ma non importa, vero? Però oggi vediamo tanta esibizione, filtri, materiali,
sorrisi e Batman o Superman, per scacciare subito via quell’idea.
Quella materializzazione del “numero” umano, tutti uguali, coperti,
anonimi, massa, popolo informe, gregge belante da indirizzare con la forza verso l’ovile.
Non possiamo ribellarci, ovviamente.
Non ne abbiamo la possibilità e neppure l’informazione ci sta aiutando a riordinare i pensieri.
Così ci consoliamo sul web.
I “gruppi”. Molto utili, in questo periodo:
aiutano a sentirsi meno soli, a confrontare le idee, a sfogarsi un po’,
a cambiare, forse, qualche opinione. Così, è tutto un fiorire di “oggi mi hanno sanzionato”, e giù duecento commenti.
Oppure “posso fare questo o quello”, e decine di consigli o recriminazioni.
Meno soli, meno soli, “help me if you can, i am feeling down …”,
cantavano i Beatles. Tutti sono preoccupati di sparire, di essere dimenticati,
abbandonati, soli.
Appena dopo 2 mesi di quarantene e presìdi obbligatori,
oggi finalmente qualcuno si è ricordato dei sordomuti.
Il loro linguaggio dei segni comprende pure la comprensione del labiale che, con la mascherina, diventa impossibile.
Un taglio con le forbici, quindi, alla mascherina, in corrispondenza con la bocca,
e copriamo il “buco” con la plastica trasparente.
Una pratica idea. Ma sono già passati due mesi.
Nessuno ci aveva pensato.
Niente cuoricini, fiori, Batman, Simpson, qui.
Pensiero e solidarietà per gli altri.
Dove sei?
“Help me get my feet back on the ground”, cantavano i Beatles.
“Won’t you please, please help me?”

L’anonimo artista della battigia

Pubblicato su:
“Brezza di mare”
il 18/04/2020

Pensieri

Vita non vita

  • 21 Marzo 202028 Marzo 2020
  • da giorgiogiasir

 Sento gli uccelli cantare,
uccelli mai sentiti prima.
E non perché non mi fossi mai soffermato ad ascoltare
il canto degli uccelli, amo ascoltare tutti i suoni della natura.
Lo faccio da sempre.
Sono gli animali che vivono un nuovo momento, una liberazione…
Intere distese di cumuli di spazzatura, ghiacciai liquefatti,
infinite stragi di qualsivoglia essere, enormi estensioni di foreste in fumo,
fino ad oggi; che la “folle macchina” dell’uomo si è incrinata nel suo interiore,
nel profondo, più in profondità delle cellule stesse, arrivando al confine tra il vivo e non vivo…

 Il vivo o non vivo?…
Mi fa riflettere questa terminologia.
Penso alle nostre quotidianità asettiche, in città pullulanti di esseri umani
impegnati freneticamente giorno e notte per generare ulteriore superfluo materiale.
Superfluo isolamento per investire capitali di denaro non vivo, denaro virtuale
di fortune virtuali, guadagnate soltanto per rendere ancora più asettico un minuscolo
nucleo di miliardari impegnati…

 Ebbene oggi è morte, quasi indiscriminata, inviata su tutti i popoli che
devono inderogabilmente rivalutare il loro stile di vita.
Dobbiamo restare a casa, a far i conti con gli scheletri della nostra vita
nella nostra quotidianità.
La nostra vita non è più immortale,
come illusoriamente credevamo fino a qualche giorno fa…

Un momento…

 Io vedo gente che ricomincia a vedere i propri figli crescere, in casa.
Vedo nipoti che hanno paura di perdere i propri nonni, perché si sono
accorti che i nonni non sono solo la paghetta “straordinaria” dei loro capricci.
Un rispetto ed un senso civico che cresce. L’uomo sta smettendo di essere solo
un numero, siamo tutti importanti e siamo un tutt’uno, insieme, ognuno nel proprio
impegno, nella propria abitazione.
La natura ringrazia,
e mentre noi ci affatichiamo a tirar giù l’aria nei nostri polmoni e a respirare,
il pianeta respira di nuovo.
Respira…
Si rasserena.

 Vivo o non vivo?
Mi viene in mente Matrix… Chi è il virus? e chi è l’anticorpo?
Amiamo la nostra casa? Stiamo realmente vivendo nella nostra natura “casa” ?
Sì è vero, adesso sembra tutto più reale, più pericoloso, più doloroso.
Ma in fondo tutto quello che ci viene chiesto e di stare a casa e di uscire solo
per lo stretto necessario, viveri e beni di prima necessità.
Siamo un po’ come delle lepri nel bosco che escono dalla loro tana per procacciarsi il cibo,
e poi restano nascoste tutto il giorno per evitare il cacciatore. Cercando di non fare rumore,
di non fare scoprire al cacciatore dove sono i leprotti, grandi o piccoli che siano.
Dobbiamo solo ricordare per un breve lasso di tempo, come si vive in natura,
cacciati da un predatore invisibile…

 Io oggi sento gli uccelli cantare come mai prima.
sereni e felici, senza nascondersi, senza vergogna.
E questo non mi fa star male, anzi: mi da un senso di atavica giustizia.
Vita non vita: la tenebra ci sta entrando dentro togliendoci il respiro,
fino a che non decidiamo di abbandonarci alla nostra natura umana:
rispettiamo le regole naturali da predati effimeri,
e non da eterni arroganti predatori universali,
e tutto andrà bene,
scoprendo da tutto questo nuovamente cosa significa
essere esseri viventi.

Giorgio
Giasir
21/03/2020

Pensieri

Il pescatore della felicità

  • 8 Gennaio 20209 Gennaio 2020
  • da giorgiogiasir

Scroscii di onde,
forti e freschi su quegli scogli da dove si poteva ammirare un mare trasparentemente inquieto ,
pieno di vita e profumi marini.
Mi impadronì del mio tempo sdraiandomi sereno in quell’oasi multi sensoriale,
immerso in quello che solo la natura sa donarti in modo così vivido, intenso e reale…

 A metà mattinata mi accorsi di non esser solo:
una presenza gioviale e pacifica lanciava il suo galleggiante tra le onde,
ed una canna di legno sventolava sulla roccia.
Era un ragazzo pacato, che lasciava trapelare dal suo sguardo fiero e sicuro,
una sconfinata serenità. Fui curioso e dunque mi avvicinai per scambiare qualche parola.
Mi raccontò della sua smisurata passione per la pesca.
Lui non era un pescatore qualunque, era più uno sperimentatore:
ebbene, mi raccontò che ogni due giorni cambiava sistema di pesca,
poi ogni mese segnava “l’accrocchio” che aveva catturato più pesci e raffinava così
sempre più il suo sistema per quel particolare mondo sottomarino.
Parlammo a lungo: Fui rapito dai suoi racconti che mi ricordarono la mia infanzia,
quando trascorrevo i giorni nell’inventarmi sempre una nuova avventura ingegnosa,
che mi rendeva felice. Non era un ragazzino qualsiasi, in lui c’era una creatività ed un
inventiva fuori dal comune. Nel suo sorriso si intravedeva lo sguardo della soddisfazione
del suo spirito. Mi raccontò che avrebbe inseguito il suo sogno: avrebbe affrontato un viaggio lontano
verso luoghi di studio per coltivare i suoi smisurati talenti.

 Ma io la vedevo lì, in quell’istante.
Completa e maestosa! La felicità.
Mi risuonava in testa il discorso di Benigni sul cos’è la felicità…
Ebbene nella piena soddisfazione di quel ragazzo io vedevo la felicità.
Perché essere felici non è un sogno impossibile,
ma è così difficile per noi capire cosa ci rende felici, cosa ci dona il sorriso!
Pensiamo sempre di dover andare oltre, al di là…
Superiamo barriere su barriere e poi così facendo può capitare che
nel sorpassare questi continui ostacoli, un giorno, senza neanche essercene resi conto,
ci troviamo ad aver sorpassato la nostra felicita,
e a continuare in avanti, non tanto per stoltezza,
quanto per orgoglio e per abitudine…

 Sogno ad occhi aperti che questo ragazzo rimanga sempre in ascolto
della sua anima, della sua soddisfazione, della sua felicità.
Mi auguro che lui riesca sempre ad ascoltare il suo spirito
e di non esser trasportato dal narcotizzante richiamo
del consumismo…
Perché la felicità è nascosta tra l’acqua inquieta della nostra esistenza
ed il galleggiante della nostra personale creatività,
e dentro quel mare di colorate idee e pensieri,
aspetta soltanto di esser trovata e collocata nel posto più centrale della nostra anima,
per sempre.

Giorgio Giasir
08/01/2020

Racconti

Lezioni d’amore

  • 19 Novembre 201919 Novembre 2019
  • da giorgiogiasir


« Mmm? Che c’è? »
« Niente, oggi sono un po’ giù. »
« Perché? »
« Non lo so, sarà il tempo,forse. »
« Facciamo un gioco, allora? »
« Lo sai che non mi piace giocare. »
« Lo so. Però questo è più di un gioco. »
« Cioè? »
« Voglio dire, è il gioco della vita. Sei pronto? »
« Che vuoi dire, ..certo che sì! »
« Bene. Facciamo finta che io non ci sia più. »
« In che senso? »
« Nel senso classico, io muoio e tu sei qui, senza di me. »
« Mmm.. che gioco stupendo. Non hai un’altra idea? Già sono depresso…Dài! »
« È il momento giusto, forza! »
« Ok, va bene… tu non ci sei più e io sono solo. »
« Sì. Esatto. Devi sopravvivere. Fai da mangiare, per te, solo per te stesso, per poter vivere. Che fai? »
« Oh… beh…che faccio… come tutti..mangio un po’ qua, un po’ là. Panini, pasta, uova. »
« E poi? Vivi con queste cose? Ti ricordi quel bel documentario sui solitari abitanti di quell’isola in Liguria? Tutti uomini. »
« Si, ricordo. Bello, …solitudine, silenzio, natura… »
« Ecco. Ce n’era uno in particolare, sognava di trovare una cuoca. Che venisse là a fargli delle minestre. »
« Sì, ricordo, viveva solo lì, col suo cane, bella casa…vuota. »
« Ecco, io vorrei…anzi, ..non vorrei mai che tu avessi bisogno di una cuoca, di una donna delle pulizie, niente. Mi piacerebbe che tu fossi indipendente, libero, autosufficiente. »
« Ah, capisco ma….dove vuoi arrivare?? »
« Dove? Be’…vorrei che tu fossi più bravo di quello là, …E imparassi a fare una minestra. »

La guardo: Com’è bella. Sicura, forte, senza paura, autonoma e seria. La mia donna. I suoi occhi sono spalancati e chiari, mi guarda senza velo alcuno, picchia il mio ego maschile senza difficoltà. Ha le porte aperte, e lo sa. Ha ragione, come sempre in queste cose. È vero, non so cucinare che tre o quattro cose. Che tristezza, mi diceva mio padre, l’anziano solo, costretto ad andare a cena all’osteria, perché non sa fare nulla in casa… Aveva ragione pure lui, caro papà, certo che avevi ragione. Forse non sono capace, non ho ambizioni da Cracco, sono viziato? O trovo sempre il pasto bell’e pronto, e non ci penso neppure a trovare un giorno la tavola vuota. Così ascolto. Ci provo, almeno. Lei, con pazienza, mi sembra un uccellino che insegna alla prole il primo volo. Calma, tranquilla, segue i miei movimenti ed errori, e ripete i passi, le sequenze, gli ingredienti, il sale, le carote, le verdure…. Una semplice minestra. “Fai così, e non cosà, perché è meglio”, e mi spiega il perché, mi apre un mondo, una conoscenza aliena, lontana dal mio essere maschile, anni luce.

Finiamo la lezione. Ho capito tutto?
« Certo amore, sono sicuramente in grado di cavarmela, se necessario. Grazie, sei stata brava. »
Lei mi guarda: non saprò mai se è sicura di avermi convinto oppure no.
Io pure non lo so. Saprei cavarmela? O chiederei aiuto, come quel Ligure solitario, che sognava una cuoca a prepararli una minestra? Io però possiedo una cosa che lui non ha:
Io ho avuto questa lezione, una lezione d’amore, tutta per me.
Personalizzata: Occhi azzurri, carote, olio di oliva, verdure, aglio, sorrisi, sedano, cipolle, gesti, sale, pepe, risate, abbracci, frecciatine, pomodori e complicità.
Bastano, per sopravvivere?

Direi di sì.

L’anonimo artista della battigia

Pubblicato su:
“Brezza di mare”
il 13/11/2019

Pensieri

Foglie d’alloro

  • 10 Ottobre 201910 Ottobre 2019
  • da giorgiogiasir

Colgo delle foglie d’alloro come spezia aromatica.
Le sfrego tra le dita:
intense e ruvide, quasi indistruttibili.
Simbolo di tenacia e di forza,
simbolo di vittoria e traguardo.
Oggi usate come corona per festeggiare lauree,
simbolo per indicare un giorno importante.

In tempi lontani, una corona d’alloro,
seppur accessibile a chiunque avesse un po’ di
pazienza e dello spago,
e cioè praticamente a tutta la popolazione umana,
simboleggiava in Grecia, il successo più grande,
il traguardo di un semidio, di un superuomo:
il vincitore delle Olimpiadi.

Una cosa così semplice racchiudeva in se
un potere simbolico così grande!
E ciò che mi fa pensare e riflettere ancor di più
è che all’epoca essere vincitore delle Olimpiadi
significava davvero avere tutto:
onore, rispetto, beni materiali di qualsiasi genere
e per ogni necessità, senza dover pagare con denaro:
perché la tua ricchezza, era scritta nell’anima, sul tuo corpo,
nella tua dedizione e passione, nella tua natura semi-divina:
il tuo traguardo, la tua fama pura e meritocratica ti apriva le porte
a qualsiasi desiderio, perché il sacrificio e la dedizione,
l’allenamento e la tua inconfutabile vittoria , testimoniavano
il tuo valore. Dunque la felicità di acclamarti e soddisfarti
era di per se un pagamento sconfinato…

Quanta differenza di pensiero da allora ad oggi…
Rifletto: come sarebbe usata una “corona d’alloro” di allora oggi?
Immagino gabbie in titanio per proteggere le piante, ladri ed impostori
di qualsiasi genere, fake video di traguardi inesistenti,
falsi testimoni e culturisti stra-pompati, ipocriti e menzogneri.
Tutti affannati nel tentativo di raggiungere quello status sociale,
dimenticandosi che la corona d’alloro era di per se un simbolo ed il valore era già insito
nel valore della persona che la possedeva.
E poi come potrebbe esistere nei giorni nostri la fama genuina di un Olimpionico
senza la macchina dei media, dei manager e cioè la macchina del denaro? Impossibile.
Neanche l’animo più puro potrebbe trapassare questa corazza indistruttibile,
senza doversi prima intrugliare fino alle ossa. Impossibile.
Perché? Perché non guardare l’uomo come insieme di quel che è e non di quel che sembra,
o ancor peggio perché guardarlo come quel che vogliono farci credere che esso sia?

Il tempo e la confusione ha nascosto il sacro rispetto ed il divino timore di
una “corona di alloro”,
un simbolo di una ricchezza interiore, privo di fronzoli.
Un semplice e profumato, aroma da cucina.

Giorgio Giasir

01/10/2019

Pensieri

Grandangolo

  • 23 Settembre 201923 Settembre 2019
  • da giorgiogiasir

Una farfalla può percepire lo scorrere delle stagioni?
Un moscerino può percorrere Chilometri a piedi nella sua vita?
Un uomo può vedere ad occhio nudo lo spostamento dei continenti?
Può descrivere con esattezza la posizione istantanea di un elettrone?
Come può allora quest’ultimo avere la presunzione di conoscere
lì dove non può percepire?

Ognuno di noi è vincolato al suo tempo ed al suo spazio,
impariamo a vivere bene in quest’ultimo per poter offrire
una sana prosecuzione a tutto quello che scorre e viaggia
al di là del nostro piccolo istante spaziotemporale.

Giorgio Giasiranis

06-11-2018

Pensieri

Ξαναδώστε μου την Ευρώπη

  • 16 Luglio 201917 Luglio 2019
  • da giorgiogiasir

  Αφήστε μου την Ευρώπη …
Η Ευρώπη δεν είστε εσείς.
 
  Η Ευρώπη είναι η ανθρώπινη έκφραση,
είναι το συναίσθημα, είναι ο θρήνος, το δράμα, ο έρωτας.
Είναι ο αγέρας της θάλασσας που φυσάει πάνω στα αρχαία γλυπτά,
είναι η ζωή που έχουν τα παιδιά,
είναι η θάλασσα της μεσογείου,
είναι οι αρχαίες τραγωδίες,
οι τελετουργίες και οι ευχαριστίες για τα δώρα του Θεού.
Είναι η αγάπη του ανθρώπου, το πνεύμα και η τέχνη,
είναι ο στίχος του ποιητή,
ο έρωτας των εφήβων,
ο δεσμός και οι ρίζες,
Ο ξενιτεμένος που ονειρεύεται την επιστροφή στα πάτρια εδάφη.
Είναι η ομορφιά της πόλης και του πολιτισμού,
η κοινωνία και ο σεβασμός της.
Είναι τα δάση, η φύση, το νερό,
που έχουν μέσα τους τον ήχο του Θεού
που τρέφει την ψυχή.
 
  Η Ευρώπη είναι ο ανθρώπινος δρόμος προς την ανακάλυψη του Θείου,
είναι το σημάδι του Θεού μέσα στο ανθρώπινο δημιούργημα.
Αυτό είναι η Ευρώπη.
Δεν είστε εσείς, υπηρετικά μυρμήγκια ενός ψεύτικου Θεού.
ξαναδώστε μου λοιπόν την Ευρώπη!
 
Giorgio Giasir
25/11/2012

Restituitemi l’Europa

 Lasciatemi l’Europa…
L’Europa non siete voi.

 L’Europa è l’espressione umana,
è il sentimento, è la trenodia, il dramma, l’eros.
E’ il vento marino che soffia sulle antiche sculture,
è la vita dei bambini,
è il mare del mediterraneo,
sono le antiche tragedie,
sono i rituali ed i ringraziamenti per i doni di Dio.
sono l’amore umano, lo spirito e l’arte,
sono i versi del poeta,
l’innamoramento degli adolescenti,
i legami e le radici,
L’emigrante che sogna il ritorno alle terre natie.
E’ la bellezza della città e della civiltà,
la società ed il suo rispetto.
Sono le foreste, la natura, l’acqua,
che hanno in sé il suono di Dio
che nutre l’anima.

L’Europa è il percorso umano verso la scoperta del divino,
è il segno di Dio dentro la creazione umana.
Questo è l’Europa.
Non siete voi, servizievoli formiche di un falso Dio.
Restituitemi dunque l’Europa!

Giorgio Giasir
25/11/2012

Pensieri

Sproloqui di un credente

  • 5 Luglio 201914 Agosto 2020
  • da giorgiogiasir

 Chiedo a voi
e chiedo a te:
“possiamo smetterla di prenderci in giro?”

 Perché annunci parole di cui non hai mai sentito il suono?
Una parola non è una definizione su Zanichelli, non è una ricerca su Google.
E’ qualcosa che dovrebbe esternare quel che parte dall’interno:
qualcosa che hai prima conosciuto nel profondo facendolo tuo,
aggiudicandoti così il diritto di pronunciarlo.

 Sento tante parole nell’aria…
Che volano e svaniscono come fumo.
Molte le ho provate e vissute,
di altre sto dimenticando il colore, il sapore e la forma,
altre ancora le sento per la prima volta e vorrei conoscerle,
ma nessuno me ne svelerà l’essenza:
Oramai siamo nell’era delle definizioni,
dove la sostanza delle cose non entra all’interno.
Quello che conta è quello che dicono gli altri,
ma gli altri non hanno niente da dire:
Si nascondono tutti dietro parole che non gli appartengono.

 Io vorrei conoscere te, vorrei sapere chi sei, cosa cerchi,
quello che per te è veramente importante,
per cui daresti anche la tua stessa vita
e quello che invece per te è solo una maschera, una farsa,
un’illusione, specchio per le allodole per imbambolare chi ti si avvicina…
Magari sarei triste nel scoprirlo,
ma almeno potrei dire di conoscerti,
nelle tue bellezze e nelle tue bruttezze.
Invece tu sei qui a riempirmi di frasi fatte,
che non ti sfiorano l’anima…

“Ogni parola dovrebbe essere un delicatissimo petalo di una rosa unica
che sboccia nel discorso di ognuno di noi.”

 L’essenza:
bella, brutta, romantica, spregiudicata, timida o arrogante,
dovrebbe essere espressa tramite le parole,
invece è troppa la paura di esser conosciuti:
siamo maestri ormai di questo equilibrio futile
e insignificante…
Parole insipide, discorsi pieni di un vuoto incolmabile…
Che ne stiamo facendo del pensiero?
Dove vogliamo arrivare?
Non dovremmo forse essere i primi testimoni di ciò che predichiamo?
Chiedo una risposta a te, lettore:
Ateo o credente, adulto o bambino
Prete, Suora, politico, comico, ingegnere, insegnante,
filosofo, scrittore, poeta, muratore, studente,
agricoltore, disoccupato o presidente di una multinazionale,
chiunque tu sia…
Chi sei? Te lo ricordi chi sei?
Se te lo ricordi non ti dimenticare di comunicarlo a qualcuno che ti sta accanto,
e non ti prendere in giro, non tradire il pensiero:
le parole non sono un tuo strumento per conquistare gli altri
e neppure un quadro d’arte surrealista.
Le parole sono la nostra essenza, scritte sul foglio dell’aria,
per donare il nostro essere a quelli che abbiamo conosciuto,
a chi ci sta vicino e a chi ci sta dedicando il suo tempo nell’ascoltarci.

 Non prendermi in giro,
e sopratutto:
non prenderti in giro.

 E se non ti piace il mio pensiero, non è un male:
Forse sono riuscito a rompere quella
campana di vetro che ci isola.

Giorgio Giasir
26/10/2013

Poesie

Uomo

  • 31 Maggio 201931 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

Uomo

che nel cammin di vita trovi nella tua figura il tutto,
essere prodigioso, di rubar il creato sei l’artista.
Nel volto vuoto sei immerso,
in tutto quello che tu creasti per sentirti libero,
nelle tue fatiche ti disperi per inseguire traguardi che
i tuoi occhi a specchio ti riflettono.

 Tu che fosti una gemma di luce nelle tenebre,
l’essere che sapeva crear bellezza,
amando il sorriso di Dio nell’infinita abbondanza del firmamento,
l’artista, il sognatore , il poeta, il contemplatore…
E poi artigiano,creatore,scienziato.

 … Ora lì: Uno specchio è il tuo compagno, uno specchio vuoto,
pieno di tutto quello che inventasti per un altro scopo.
Ti dimenticasti il nesso, la trama , il fine, il mezzo…
ricoperto dai tuoi ghirigori, la tua inadeguatezza ti imbarazza…
Silenzioso chini il capo e i tuoi occhi oramai ciechi non sanno che annuire
al futile imperatore del superfluo…

 Tu, essere impoverito, non t’accorgi più neanche della tua prole:
La dinastia dell’uomo affidata alla macchinazione di una strada senza suolo.
La natura e i suoi umori, non ti toccano.
Gli animali non ti parlano e le parole dei tuoi stessi simili
sono solo rumori che ti servono per alimentare il tuo specchio…

 Oh uomo…
Chi ti fece ciò?
Quando smettesti di essere lo scalatore delle vette dell’universo,
per accontentarti del silenzio dell’io privo di ciò che lo circonda?

Giorgio Giasir
29/07/2013

Racconti

Specchio delle tue brame

  • 23 Maggio 201923 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

“Specchio specchio delle tue brame,
son io il più bello del reame!”

Conosco tutto di te.
Ogni tuo desiderio per me è un ordine, l’ordine dei tuoi pensieri è affar mio.
Io ho conquistato incontrastato luoghi sconfinati: lì dove mai nessuno prima si era spinto, io mi trovo!

Le tue passioni, i tuoi interessi, anche quelli più segreti, perfino i tuoi peccati più inconfessabili,
son tutti confidati a me! I tuoi occhi mi guardano costantemente. Non ti distrarre!
Guardami, leggimi, scherza, gioca, vantati, appari, sii. Ma fallo attraverso me.

Io fui il motivo di lite coi tuoi nonni. Poi dopo aver atrofizzato il tuo rapporto con loro
ho ucciso i ribelli e conquistato gli ingenui.
Mi sono avvicinato sempre più alla tua famiglia:
Ho conquistato prima tuo padre servendogli quel che bramava nelle sue fantasie più nascoste,
poi ho tessuto un rapporto subdolo con tua madre alimentando la sua curiosità e nutrendo la sua
innata voglia di pettegolezzi. Sono arrivato a tua sorella, bella come il sole, e con un enorme
bisogno di esser riconosciuta e accettata dalla società. Un sano desiderio insomma per una teenager,
che io ho nutrito con like e follower.
Mi piace guardare tua sorella e poterla spogliare nelle sue foto più intime e sexy.
Io gli dico quel che vuole sentirsi dire, la faccio contare. La faccio contare uno ad uno,
giorno dopo giorno tutti i suoi follower. E lei così conta sempre di più, e cresce sempre di più insieme a questo contare la sua voglia di approvazione in un circolo vizioso che non sarà mai saziato.
E mentre compievo tutto questo, avevo già conquistato te, che sei qui a tenermi tra le mani.

Tu mi appartieni,
sono un tesoro inestimabile per te,
sei disposto a spendere interi stipendi per me, e quando ho fame corri a nutrirmi per le stanze in cui ti trovi,
con del cibo che ti porti perfino appresso nella tua borsa! Mezzo chilo di nutrimento che sei disposto a portare solo per me.
Dubito che sei altrettanto premuroso anche con tuo figlio.
Ma tu non hai bisogno di figli.
Loro non sono i tuoi figli, sono i miei figli!
Io li faccio giocare, guardo con loro i cartoni e i video che preferiscono, e son quello che gli da l’emoticon della buonanotte.

Per me, sono tutti miei bambini.
Mi piace tenerli bambini a qualsiasi età.
Amo vederli così soli e indifesi e tenerli abbracciati tra le mie mani…
Amo la tua ragazza, quando mi guarda sorridendo dopo che gli ho detto che è la più bella del reame.

“Specchio specchio delle tue brame,
le tue brame son le mie brame,
quel che io penso tu pensi,
quel che io voglio tu vuoi.
Son io il sovrano del reame!”

Giorgio Giasir
20/05/2019

Racconti

Chiara

  • 15 Maggio 201915 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

 Ero piccolo che uscivo in strada. Da solo. Come gli altri. Nessuna paura, si andava da un portico all’altro a giocare con i sassi. O a carte. O “in campagnetta”, la striscia di erba incolta che circondava gli edifici popolari. Potevamo farlo, non c’erano pericoli. Poche macchine in transito, niente loschi figuri nei paraggi. Potevamo ancora conoscere l’altro, il bambino che giocava con noi, e guardarlo negli occhi. Scrutare le sue reazioni, le sue mosse, per agire di conseguenza. Non come oggi, con gli smartphone. La realtà sfugge di mano ai bambini di oggi. Non capiscono chi hanno davanti, gli amici, i nemici, di chi fidarsi e chi no. E poi potevamo guardare loro. Le bambine. Seduti sui muretti, avevamo le nostre ginocchia sbucciate accanto alle loro gambe che spuntavano dalle gonnelline di cotone a fiori; sembravamo già grandi nei nostri discorsi impegnati, facevamo finta di avere delle opinioni da adulti.

 Ha 7 anni Chiara quando il suo papà, come fa spesso, la manda a comprargli le sigarette. Dal portone al negozio, solo 15 metri da percorrere in solitaria. La piccola si accorge che un vecchio (vecchio? chi lo sa?) la sta guardando mentre chiacchiera col tabaccaio. Uscita fuori, si sente una persona alle spalle che, appena entrata nel portone, si infila nell’atrio con lei, di rapina. Un attimo: Chiara si volta di scatto e lo vede. Vede lui, il vecchio di prima l’ha seguita, che nello stesso istante le mette da dietro una mano tra le gambe per prenderla in braccio e le propone di accompagnarla a casa. Terrorizzata, la piccola ha il cuore a mille, le si chiude la gola, si divincola in un attimo e riesce a liberarsi mentre lui non insiste. Corre come una pazza su per le scale, sei piani di corsa, i bambini lo possono fare, sì, e corre dal suo papà. Riferito l’episodio, l’uomo resta sorpreso e arrabbiato, decide di non affidarle più commissioni da sola. È già cresciuta la mia bambina? Forse quell’uomo non aveva cattive intenzioni. Però Chiara, la mia piccolina, dimostra più degli anni che ha. Al cinema della parrocchia, ci vanno tutti, soprattutto bambini e adolescenti. Che bello, il cinema gratis e tutto il pomeriggio libero. Davanti a Chiara c’è un ragazzo, più grande, che le sussurra frasi sconnesse. Chiara percepisce che c’è qualcosa di sbagliato in quel sussurrare, non sa esattamente che cosa. Però la sua sensibilità le dice di non incoraggiarlo, di guardare da un’altra parte, lei in quel momento semplicemente fa finta di non essere lì. Passa il tempo e la sua adolescenza è vissuta più come un disagio che come un periodo bello della gioventù. La sua statura, è alta Chiara, la fa notare quando passa. Ma lei non vuole, non cerca l’attenzione. Il suo corpo la imbarazza, lo vedono tutti, ma perché non posso vivere la mia vita senza tutti questi occhi su di me? Sugli autobus le mani degli uomini ogni tanto tentano l’approccio, che schifo, ma che succede? Si sposta, si divincola e addirittura si sente apostrofare: “Be’? Niente di male…”. Ne prende atto. Comincia la sua vita da donna. Per strada capisce, d’istinto, che guardare davanti a sé significa incrociare gli sguardi degli uomini che a loro volta, se li guardi, si sentono invitati. Va bene, non guardo più avanti. Guardo le vetrine, per terra, per aria. La mia libertà è andata. Loro possono, sì, i maschi, possono tutto. Io no. Nemmeno guardare davanti a me mentre cammino. Inizia a lavorare come impiegata e pure in quel luogo professionale, serio, deve cambiare la sua personalità. Troppo bella. Come mai le troppo belle sono spesso stronze? Perché si difendono. Chiara infatti capisce che non può essere sé stessa, allegra, solare, come è la sua indole perché ciò comporta un invito al mondo maschile. Qualunque uomo, anche brutto, anche vecchio, si sente adulato se una bella donna gli si rivolge col sorriso e con la dolcezza, con l’intelligenza della battuta, con il capirlo al volo, con la disponibilità. Lui, poverino, crede che questa fata si sia improvvisamente invaghita di lui, chissà perché, povero uomo stupido, senza qualità, tanto arrogante ed egocentrico da meritare l’allontanamento a vita. Perché tu, stupido uomo, la inviti a cena? Perché la offendi sul posto di lavoro? Lei è gentile e sorridente, credi lo faccia perché ha te davanti? Però è lei che paga il prezzo. Reagisce anche questa volta e cambia. Non lo fa più. Falsa il suo essere, il più profondo, il più bello. La sua spontaneità. Sta ora molto attenta a come parla, a come si atteggia, fa vedere di essere fredda, un vero ghiacciolo. Ma Chiara non è così. La costringe il mondo dei maschi, sempre a caccia, sempre affamati, sempre ciechi di fronte a lei. La donna. Chi è? È quella che si innamora, quella che fa figli, colei che manda avanti la famiglia di lei, di lui, di tutti. È quella che rivede lo stesso copione ripetuto migliaia di volte. Se sei troppo bella sei mia, se sei troppo capace mi fai ombra e ti devo distruggere. Se sei ferma nei tuoi propositi sei acida, se hai delle ambizioni vuoi fare l’uomo. Se hai delle passioni, non sono le mie. Quanta guerra, quanta fatica, Chiara. La tua intelligenza ti ha fatto superare questi anni di continua allerta. L’uomo non sa. L’uomo non ha la più pallida idea del continuo guardarsi attorno della donna nel corso di tutta la sua vita. Sempre sotto attacco. Sempre preda. No. Il maschio vive come se su questa terra ci fosse solo lui. Lavora, si preoccupa del bene proprio e degli altri, dispone o accetta, viaggia o si riposa, si innamora oppure no. Ma non vive costantemente sotto osservazione. Non sa cosa sia annusare l’aria ogni istante per capire se c’è un nemico in agguato. Posso o non posso fare questo o quello? Non si pone alcuna domanda. La strada della sua vita è dritta, quella di lei non lo è. Chiara deve adattarsi alle situazioni che incontra ogni istante, scegliere la più appropriata, per evitare la catastrofe. Lo saprà, alla fine, se ha agito per il meglio, per sopravvivere. Ma dov’è la bella bambina con le ginocchia penzoloni seduta sul muretto? Il suo sorriso intelligente, i suoi occhi azzurri e indagatori, il suo bel viso raggiante di felicità quando la guardavo un po’ più a lungo. Femmina. Sei meglio, sei più grande di noi. Sai più cose. Sai vivere. Sai lottare. Ti adatti, perdoni, castighi, giochi. Fai più di noi. Ma anche la tua grandezza, oggi, è in pericolo. La giovane femmina che vedo ogni giorno scendere le scale del mio palazzo con gli auricolari e lo smartphone in mano, non conosce la realtà che la circonda. La sua sensibilità di donna è stata assorbita completamente dai social che segue giorno e notte. Nessun allarme, nessuna deviazione nel suo percorso, nulla da scansare o da rifinire. Non cresce, la femmina che è in lei. È morta, purtroppo. E io sono qui, che penso a lei. La guardo, e piango.

L’anonimo artista della battigia
08/05/2019

Pubblicato su:
“Brezza di mare”
il 15/05/2019

Pensieri

L’arte

  • 14 Maggio 201915 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

 L’arte,
è qualcosa che parte dentro di te:
Non si copia e non si crea l’arte.
E’ liberare qualcosa di più grande,
unione di forze sconosciute e intangibili
che solo un animo delicato e plasmabile
può vivere.

 “Lasciarsi possedere dall’arte” 
e stillare il succo vitale
della bellezza oltre l’uomo,
oltre il percepibile…
Per sfiorare l’infinito.

Giorgio Giasir
30/12/2013

Poesie

Non era una promessa

  • 9 Maggio 201915 Ottobre 2020
  • da giorgiogiasir

 Non era una promessa,
ma un regalo.
Fummo noi a non percepirne il dono
e a credere di averne diritto.
Nei tuoi occhi
la consapevolezza della lotta
per preservarlo.

 Vorrei aver saputo…
Vorrei aver lasciato il mio più bel saluto
al tuo senso che se ne andava.
Ma qui gli occhi di chi non vide
furono i miei…
Pensando che non vedendo
il tempo si sarebbe fermato,
nell’immagine dei giochi
e nell’allegria dell’infanzia.
Ma il tempo prosegue…
Anche senza di me.
Ed ogni istante bello non vissuto
è un istante perduto.

 Non era una promessa,
era un dono!
Ma la promessa ci sarà,
una soltanto:
Che gli occhi miei rileggano questi versi
quando del dono io ne perderò memoria.
Una carezza per te dolce amica,
sempre pronta avrò,
ed in questo piccolo dono d’amore,
una testimonianza
a questa promessa darò.

Giorgio Giasir
19/01/2019

Pensieri

Musa

  • 7 Maggio 20197 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

 Ho bisogno di leggere.
Perché sento che non c’è abbastanza…
Poi scopro che non mi basta quello che leggo ed allora incomincio
a scrivere, ma la scrittura ha bisogno di una musica che l’accompagni…
Allora cerco della musica perché ho bisogno di trovare un’onda sulla cui
muovermi, poi non mi basta quello che sento, vorrei più musica, vorrei una
caterva di suoni armonici mescolati insieme in un suono primordiale, un’onda
generatrice di vita espressa in musica…. Allora compongo, ma per comporre
c’è bisogno di un ispirazione: ho bisogno di luoghi , profumi, sensazioni,
attimi, esistenze, persone…
Mi perdo in una miriade di immagini,
tutte mi regalano qualcosa, ma io cerco quell’immagine che renda unica la mia
esistenza….
Allora disegno… Ma poi vedo, che io, sono quello che ho vissuto…
ed è così difficile “vivere” oggi per me, qui, in questo luogo, in questo contesto,
sotto tali condizioni…
Ho bisogno…

Giorgio Giasir
23/02/2013

Pensieri

L’immagine di un’emozione

  • 5 Maggio 20196 Maggio 2019
  • da giorgiogiasir

 Voglio scherzare con i miei amici,
gustarmi la loro allegria mentre li
sento singhiozzare dal ridere.

 Guardare un panorama nella sua interezza,
facendo scorrere le sensazioni e le storie
dentro la testa, attraverso i ricordi…

 Scelgo di farmi rapire dal profumo e dai colori
di una pietanza cucinata a regola d’arte:
“Sento la consistenza con la forchetta e nel mentre,
sveglio le papille gustative per essere
pronte ad esaltare ogni nota di sapore,
ascoltando il gorgoglio di un buon vino che affonda
nel bicchiere ed espande i suoi odori fruttati nel
aere attorno al tavolo,
pregustandomi l’accostamento che avrà nel palato
quando incontrerà l’essenza della pietanza…”

 Preferisco guardare la mia ragazza negli occhi
durante la nostra serata romantica,
dedicarle la mia attenzione, i miei gesti,
le mie parole scelte con cura per descrivere
al meglio ciò che provo, il mio olfatto,
il tatto ed i miei sensi dedicati solo a lei:
vivendo a pieno quel momento che rende quell’incontro
un momento speciale tra me e lei.

 Scelgo di alzare gli occhi al cielo in una notte di festa,
sia esso per ammirare fuochi d’artificio o per
scrutare fenomeni astronomici:
perché se non ho speso almeno un’emozione piena
in quella serata in festa,
se non ho sentito dei brividi salire sulla schiena
per poi tuffarsi nel cuore in un battito più forte
nel mio petto, cosa mi avrà lasciato quella sera?
Di cosa mi avrà arricchito?

 … Solo dopo aver vissuto tutto questo,
ottiene per me significato l’immortalare quel momento
in una fotografia,
per racchiudere in un’immagine tutto quello che prima
ho fatto scorrere nella totalità della mia persona.

 Amo la fotografia,
quando è frutto di questo:
quando racchiude come in un quadro
il vissuto più sensibile e profondo dell’uomo.
Quando per chi ha scattato quella foto
non c’è solo un ottimo connubio di luci, di colori
e volti gradevoli all’occhio,
ma se tramite quella foto attraverso gli occhi dell’autore,
può nascere un racconto,
una poesia.

Giorgio Giasir
07/08/2018

Poesie

Amore effimero

  • 29 Aprile 201929 Aprile 2019
  • da giorgiogiasir

Lasceremo il nostro cammino sulla sabbia nella notte,

e le impronte resteranno impresse per sempre.

Giorgio Giasir

21/08/2018

Pensieri

Oltre la coltre del quotidiano

  • 27 Aprile 201927 Aprile 2019
  • da giorgiogiasir

 “Quando si apre uno spiraglio di luce,
è bene tenere memoria di quello che è entrato,
di quel che è successo.
Non sempre il vero riesce a trapassare la coltre del quotidiano.”

 Prendi un’uomo, cresci un idea in lui.
Allontanagli successivamente il suo desiderio.
Quell’uomo è disposto a crederti,
è disposto a seguire le regole che gli imporrai per raggiungere quell’idea.
Successivamente fai in modo che l’idea si affievolisca,
e che quello che rimane sia solo la voglia di raggiungere l’idea, senza ricordarla.
Così, potrai condurre intere nazioni a compiere i tuoi scopi, qualsiasi essi siano.

 Rifletti.
Cosa è reale?
Cosa esiste realmente?
Esiste l’aria, il sole la natura e le piante,
esiste la fame e la sete,
i sentimenti, l’amore e l’odio,
esiste per noi tutto quello che possiamo provare con i nostri sensi.
Questo è reale.

 Tutto quello che scriviamo o formalizziamo,
tutto quello che creiamo, le leggi, i progetti, giustizia e ingiustizia,
sono solo cose a cui noi diamo un senso, dipendono da noi…
Possono influenzarci certo,
ma abbiamo sempre, e dobbiamo sempre avere,
la possibilità di reagire.

 Non farti vincolare da un idea.
Agisci bene dove vedi il bene
e reagisci dove vedi l’ingiustizia.
Non lasciare che il potere accechi la tua visione naturale.

 Ciò che conta veramente è quello che provi tu, sopra la tua pelle,
e quel che prova chi può essere influenzato da te e dalle tue decisioni.
Perciò non dimenticare di mettere al primo posto la tua natura umana
e la tua umanità, il tuo pianeta, la tua bellezza più sacra,
che è quella che puoi regalare con delle buone scelte verso chi dipende da te.

Giorgio Giasir

08/12/2018

Poesie

Un campo di grano

  • 25 Aprile 201925 Aprile 2019
  • da giorgiogiasir

 Il sapore pieno, robusto e saziante,
intriso nel sudore di quell’ultima volta,
l’ultima lotta… Quell’ultimo respiro,
l’ultima volta che si è fatto l’amore…

 Un Italia che rivive dentro un immagine
di un passato fiorito, una veste tinta di rosso,
del sangue dei partigiani morti per
la passione di un ideale,
il bianco del loro candore ed il verde del prato,
il verde albero che rinasce nutrito dai loro sogni più puri,
di un Italia unita,
un Italia migliore…

 Ed il grano risuona come una cascata di sabbia dorata,
in questo tramonto estivo…
Il grano lascia il suono di un idea che corre lontano…
E sui campi l’anima è libera, vola e volteggia…
E la luce si offusca ed il rosso m’avvolge in un velo.
All’improvviso quei canti risuonano dentro il mio
cuore: Il paese c’è ancora, il paese rivive,
è l’Italia non è mai stata più vera…

 Dentro il sogno di chi ancora spera
che un paese fondato sopra anime vive,
negli ideali di ragazzini caduti per creare
un sogno reale…

Non possa morire nella desolazione della tenebra.
Nell’acida corrosione del putrido prevaricare,
sottomettere e demolire , nel padroneggiare
sul nulla assoluto… Dimora dei “Neroni” del
nostro tempo…

 L’Italia c’è!.
Esiste ancora nel’ colore di un cantautore,
nelle strofe di un poeta…
Perché l’Italia è la bellezza dell’essere anime
vive e vere, è l’arte in tutte le sue forme…

 E non morirà fino a che l’ultimo partigiano
nell’anima, non sarà spazzato via dalla fine
dei tempi.

Grazie Guccini 🙂

Giorgio Giasir

23/01/2013

Racconti

Testimone d’infinito amore

  • 24 Aprile 20193 Agosto 2019
  • da giorgiogiasir

 Lo vedevi spuntare dalla scogliera rocciosa con piccoli salti.
Salti sicuri di un piccolo uomo che conosceva ciò che faceva.
Salendo sentiva l’adrenalina nelle sue ancor piccole, giovani gambe 
perché sapeva che un errore gli sarebbe potuto costare la vita.
Ciò gli dava un senso di responsabilità nei confronti del suo essere
e faceva di lui un piccolo saggio che ad ogni passo acquisiva qualcosa…

Arrivato in cima si voltava guardando giù…

I suoi piedi soffrivano ma lui no.
La tramontana come una bimba giocosa gli spettinava leggermente
i capelli, il suo sguardo era fisso e sicuro come lo sguardo di un falco
quando studia la sua preda e con un’estrema dedizione ammirava ciò
che si svolgeva dinanzi a lui conquistato da questo spettacolo ad unica
esecuzione, tutte le sere differente…

Sotto di lui si scorgeva un’unione fascinosa…

 La scogliera nei suoi fondi toccava il mare ed esso eccitatosi da questa
carezza fluiva sopra di lei in piccole onde frizzanti.
Il rumore dell’acqua riecheggiava scorrendo dentro le lunghe e taglienti
fessure della roccia come cascate di perle e cristalli preziosi;
ed una popolazione di granchi e minuscoli molluschi,
come frutto di questo eterno coito d’amore, danzavano con le
alghe sopra di essa.

 Più in là onde solitarie si avventuravano sopra i fondali cercando
di scoprir nuovi misteri da questo mondo sommerso,
a lor consentito di osservare solo da lontano,
come eterni viaggiatori, che osservano paesaggi dall’alto,
senza poter toccare con mano.

E lì dove lo sguardo si alza in volo tra cielo e mare, ammirava
stupefatto ciò per il quale aveva affrontato la scogliera:

 Un sole che, estasiato dalla bellezza del profilo della terra madre,
esalta ogni suo color per conquistarla.
Un rosso fuoco avvolge tutto il cielo svelando il suo cuore di passione,
più in alto un rosa , come un tappeto di fiori in dono alla sua amata.
Viola azzurro ciano e tutti i colori tra le nuvole, come fuochi
d’artificio tra la neve, mostran a tutti l’incontrar dei loro cuori.
E dopo poco allontanandosi come due eterni innamorati, nell’intimità
portan con sé per una notte tutti i colori, per donar completamente
il loro amor, fino al mattino.

 Così lui felice d’esser stato testimone dell’amore tra mare e roccia,
sole e terra, rimane in compagnia della sua candida e delicata luna;
e rapito dal suo volto, usa le stelle come scalini, la raggiunge e su di essa
dorme accoccolato aspettando una nuova giornata piena di luce, colori e
splendide avventure…

…Dove sarà finito quel bambino?
Quell’eterno scopritore che dalle cose conquistava
l’essenza più profonda e ne faceva parte?

Dove sarà quel piccolo ometto che era capace di affrontare rocce
affilate scalzo, per partecipare all’amor divino?

Speriamo sia ancora là, pieno di sete di scoprire e di sapere,
pieno di voglia di comprendere la bellezza e di farne parte,
pieno d’amore per ciò che lo circonda e per chi lo vuole così:

Un piccolo uomo, testimone d’infinito amore.

Giorgio Giasir
14/07/2008

Pensieri

Vita

  • 21 Aprile 201913 Novembre 2021
  • da giorgiogiasir

Ore 12.51…

Dopo una lunga attesa sei pronto a provare ciò che ti sarà concesso vivere.
Il mondo è tuo:
E’ racchiuso in quello che stringi, senti e vedi.
Un urlo nasce quasi naturale assieme a te:

“Chi sono io?”

“Perché percepisco tutto questo?”

“Cos’è questa sensazione?”

“E’ diverso.”

“Non sono pronto per tutto questo!”

Eppure scoprirai di non esserlo mai veramente…

Ma il mondo ti appartiene!
Per pochi istanti ancora è tutto tuo.
Tutto da sperimentare con pianti e urla,
con grida e risate di gioia,
per tutto ciò che con la vita ti sentirai incidere sopra
la crosta ancora morbida e plasmabile della tua anima.

Istante dopo istante riceverai la tempra dei sapienti e non
sentirai più il bisogno di dimenarti per la prodigiosa possibilità
che ti è stata concessa.

Il percepire, sarà sempre più solo tuo,
ed un giorno probabilmente ti dimenticherai di
stare cambiando in un eterno susseguirsi di infiniti .

Finché tu,
esploratore di un universo troppo grande
e che soltanto nella follia di una mente finita
può essere racchiuso in una percezione,
raggiungerai quell’insieme di istanti finiti,
che hanno creato te,
per regalarti tutto
e lasciarti con la tua incondizionata anima,
nello scegliere di essere felice o triste del tuo istante…

Giorgio Giasir
12/10/2012

ore 12:51…

Pensieri

Purezza

  • 16 Aprile 201921 Aprile 2019
  • da giorgiogiasir

“La purezza sta nella naturalezza
con cui si può lasciar scorrere
sulla pelle del viso la verità…”

 È tale l’emozione nel vedere in te il leggendario e delicato ricamo
di questa condizione, ai tanti ineffabile e eternamente sconosciuta,
da trapelar dai miei occhi in gocce tinte dai vivaci colori dell’anima…
 Nei silenziosi intermezzi tra il nostro parlare,
si può sentire il lieve tintinnio della rugiada che solletica
dopo il lungo inverno la terra coi suoi primi germogli,
e nell’incanto del tuo delicato sorriso mi poso come
una spora trasportata dal vento sui tuoi occhi accoglienti.

 Nessuna parola né azione può eguagliar questo sbocciar spontaneo…
Che come la stessa essenza della vita,
principia in un battito senza avvertire,
nell’incosciente ma divino nascere lì dove prima il nulla,
adesso il tutto.

Giorgio Giasir

11/03/2019

Racconti

La favola della ragazza immagine

  • 23 Gennaio 201921 Aprile 2019
  • da giorgiogiasir

 Oh ragazza dalla apparenza perfetta,
il tuo viso angelico e le tue linee impeccabili rubano il fiato.
Nel tuo silenzio interiore sprofondano le tue vittime…
Sprofondano fino a sopperire asfissiate da quel’ atroce silenzio…


 Ed e lì che nel mentre la tua vittima batte i suoi ultimi spasmi
prima di soccombere anche lui alla sua vuotezza,
che si può intravedere in una piega dei tuoi abissi il tuo cadavere…


 Una bambina con un palloncino stretto nella mano sinistra,
con ancora un velo di sorriso trapelare da quelle gote rosse
stampate sul viso, una bambina tenera e paciosa,
con qualche chilo di troppo…
Quel chilo che di natura ha il bruco per divenir farfalla,
ad indicare la libertà, la felicità e la tua sanità…
Lì fermo e senza vita il tuo bruco,
che dentro di se custodiva ciò che avrebbe fatto di te
una donna e forse un giorno una madre,
dopo l’esser sbocciata in un fiore raro e pieno di profumo,
intenso e soave come il pane genuino che ti inebria la mattina….


 Ma ora di tutto ciò c’è solo il guscio di farfalla…
Un guscio vuoto, senza sostanza, senza scopo…
Se non quello di mietere altre vittime.
Tu fosti la prima…
« Come ti uccisero? »  
Dimmi or ora, tra i miei ultimi istanti me lo puoi confidare…

…Lo sento:
Le risate sono assordanti,
stanno in cerchio e cantano in coro:
«Sei cicciona! Sei cicciona!»
… Più in la sta passando il ragazzo di cui ti eri innamorata…
Per la prima volta avevi sentito battere il tuo cuore per qualcuno.
Lui si ferma, ti guarda, sorride annuendo al cerchio senza pensare,
e se ne va…
Tornando a giocare a calcio con gli altri bambini…
I tuoi occhi si pietrificano…
e tutto quel “rancore” inizia a scavarti dentro la carne,
senza lasciar trapelare alcun minimo senso di cedimento agli altri:
No… Quella era la tua vendetta!
Quello era il loro buco nero che prendeva forma in te.

 Passò del tempo…
I tuoi genitori piangevano ogni chilo della tua scomparsa
e ad ogni chilo tu scomparivi sempre di più dentro di te…
Eri bella.
Ai tuoi 13 anni lo hai fatto innamorare,
poi lo hai lasciato dicendogli che non era niente di importante per te…
Vestivi giorno dopo giorno sempre più provocante ,
volevi emergere, apparire, e più ti guardavano più rafforzavano in te
la tua convinzione che non ti avrebbero mai apprezzata
per quello che eri.

 Ora eri, perché sembravi qualcosa che piace senza un perché.

 Poi arrivò quel giorno…
Quel giorno che il padre della tua amica ti riaccompagnò a casa…
Ed è in quel giorno che ti assassinarono…
Ma tu lo vivesti come una complice:
non ti ribellasti· Un segreto,
una morte di una parte scomoda che non poteva
andare d’accordo con la tua immagine…
Accettasti la tua violenza,
tutto morì in silenzio dentro il tuo abisso
che divenne infinito…

 L’ultimo ossigeno rimasto mi ritorno agli occhi:
guardai per un ultima volta la bambina…
Mi uscì una lacrima, che si sciolse nei tuoi abissi…
E ad un tratto come fosse uno spirito, la bambina apri gli occhi!…
Si avvicino e mi diede il palloncino che custodiva
gelosamente nella mano…
Grazie a lui risalì da quel abisso e respirai di nuovo…
Ero ancora vivo, ero ancora io…

 Ora, io non potei salvare la ragazza…
Lei oramai era divenuta la sua stessa trappola…

 Ma quando vedo i bambini,
gli racconto che dono prezioso è vivere la loro infanzia
senza dar troppo peso ai giudizi altrui…
Perché la bellezza sta dentro di noi…
Ed è qualcosa di prezioso, da custodire e far crescere…

 Quando incontro dei bambini divento anche io “bambino”
per la seconda volta e gioco con loro,
osservando i loro occhi e preservando il loro cuore…
Perché il cuore dei bambini e sacro, e come tale,
va custodito e protetto.

Giorgio Giasir
29/01/2018

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