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disegno realizzato da Flavio Bianchi Pensieri

Terrapiattisti sulla cresta dell’onda

  • 19 Ottobre 202225 Dicembre 2022
  • da giorgiogiasir
Leggo poesie del passato, 
versi pieni di significato. 
Parole partorite con dolore, 
la scelta sarà costata ore.
Parole forti, pensieri arguti, complessi.
Poesie immortali, poesie da leggere, 
rileggere, rimembrare, su cui riflettere, 
poesie mai del tutto comprese,
il senso è tale che ti lasciano lì a pensare,
come i testi di quelle canzoni che ti parlano 
solo quando avevi già da tempo
smesso di ascoltare.
Penso alle parole,
parole di prole senza seme e senza fiore,
parole usate per riempire, pompose e gonfie, 
mongolfiere strabordanti per gonfiare il cielo, 
senza poter più nemmeno respirare, 
senza poter più vedere il sole.
Solo, 
a provar il silenzio delle frasi contenitore, 
frasi sorde, che non ascoltano 
e nulla amplificano, 
nulla trasportano, 
tranne il suono assordante, petulante 
e misero del venditore.
Solo, 
a sognar scrittori, poeti, creatori.
e non pareti a separare cuscini 
per soffocare la linfa, dagli spini…
Navigo su un mare di olio sottile 
e inconsistente, 
leggero e insignificante,
navigo sulla comunicazione facile,
quella sufficiente, quella rapida,
quella che dell'essenziale ha perso
persino il ricordo,
trattenendo solo l'inutilità 
di un efficienza sterile, 
senza semi, senza fiori, senza prole.
Navigo sulla cresta di un'onda globalizzata, 
che ha sempre una risposta pronta,
che sa sempre quello che cerco,
ancor prima di me.
Perché lo ha già deciso lei.
Navigo su un onda rapida, 
che mi porta lontano,
Così lontano che non so 
neppure dove mi trovo, 
talmente lontano che cadono 
le stesse leggi Fisiche.
Mi trovo su un mondo piatto,
di una terra piatta,
su cui c'è un onda che viaggia veloce, 
implacabile, verso l'argine,
quell'argine sempre più 
minacciosamente vicino,
ma ormai non me ne accorgo nemmeno più,
perché quest'onda infernale
non si può più fermare.
E sento sempre più la terra sotto i piedi,
Tremare.
Giorgio Giasiranis
15/06/2022

Disegno realizzato da Flavio Bianchi

Pensieri

Il “non detto”

  • 19 Maggio 202119 Maggio 2021
  • da giorgiogiasir

Da piccolo non capivo, da perfetto bilingue, perché certi termini che in una lingua avevano un significato positivo o neutro, nell’altra avessero un senso prevalentemente negativo… Dal mio punto di vista le parole erano un sistema per descrivere passi di vissuto, e non per forza questo doveva racchiudere un messaggio positivo o negativo: questo dipendeva secondariamente dal contesto in cui venivano usate.
Negli anni, crescendo, ho compreso dove fosse l’inghippo: ogni parola si porta dietro la sua storia culturale, una sorta di informazione non detta e non spiegata dai dizionari, quella parola avendo un suo proprio vissuto nella società in cui è usata, acquista un suo carattere, una sua identità e di conseguenza si schiera nell’essere una bella parola o una brutta parola, anche se apparentemente innocua e magari con lo stesso significato lessico dell’altra.

Questa mia “scoperta”, da perfetto bilingue, non si è fermata nel contesto comunicativo scritto o orale, ma si è estesa in tutte le forme di comunicazione sociale, sì: lo stesso principio vale anche nella comunicazione virtuale attraverso social. Ci sono frasi o modi di dire nel parlato che è bene omettere in una comunicazione scritta su messaggistica istantanea, perché la mancanza della “reale” Smorfia facciale, non può far comprendere all’interlocutore la vera intenzione emotiva del mittente, e dunque un certo discorso, potrebbe essere soggetto ad una “brutta/cattiva” Interpretazione seppur le intenzioni del mittente potessero essere scherzose o semplicemente neutrali… Da lì, le emoji nel quotidiano che non essendo reali espressioni facciali manipolano ulteriormente questo senso di “buono” o “cattivo” in ogni frase scritta attraverso messaggistica istantanea.

Ma andiamo oltre, viaggiamo ulteriormente in questo viaggio del “non detto” che va estrapolato tra le righe della comunicazione sociale. Entriamo in famosi social: nel primo “figlio di Zuckerberg”, il vecchio e caro fb, abbiamo appreso che alle persone non interessa tanto quello che hai da dire, certe riflessioni è bene tenersele per sé. Non interessano ai tanti, non prendono i “mi piace”, dunque molto meglio un gattino, un immagine d’effetto o ancora meglio un luogo figo con te in primo piano, e… sì! : la foto fatta da solo, che era sinonimo di sfigato, in cui neanche avevi un amico per farti fare una foto, rivendica il suo sangue diventando il selfie. E la foto davanti allo specchio, le famose foto da “bimbo minchia” nate con i primi cellulari a fotocamera, quelle che facevi da solo per vederti i peli nel naso o i brufoli e le stempiature e poi nascondevi in cartelle profonde nelle sottocartelle nel pc, o cancellavi subito, hanno avuto i loro diritti esistenziali e pian piano hanno scalato la piramide sociale conquistando il social.

Il “non detto” dunque è andato oltre, non è più una scelta sociale legata ad una distinzione culturale, non è la società che discute e decide cosa è buono o cattivo, ma è la stessa pura iterazione umana a fare da giudice: è quello che piace di più che decide, e istruisce l’algoritmo a scegliere quello che è più di tendenza e merita visibilità o quello che invece non la merita.

« Un momento, ma è proprio così? :
Se noi siamo già abituati dalla lingua stessa ad evitare certe parole rispetto ad altre, non è che anche un algoritmo, tramite il numero di “mi piace” ci può condurre a rivalutare il nostro pensiero, i nostri contenuti, le nostre decisioni future? Non potrebbe essere questo meccanismo “non detto” a modificare chi siamo “socialmente” e passo dopo passo chi siamo culturalmente?… »

Nel frattempo nasce il figlio adottivo di Zuckerberg , un applicazione per fotografie social: tutto gira inizialmente sul contenuto delle foto: arte, cibo, bellezza nelle varie forme visive fanno da padrone. Il social Instagram cresce sempre di più e papà Zuck ne annusa le potenzialità: Tanti utenti infatti usano fb solo per post visivi, annoiati da letture prive di grossi contenuti, vista l’innata caratteristica del grande fratello fb di mettere in secondo piano i post verbosi o di contenuto significativo, riflessivo, arguto e dunque potenzialmente pericoloso. L’idea è quella di dare a questi utenti annoiati, il substrato del “non detto” di fb ma arricchito con foto di bimbi minchia a gogò, con l’aggiunta di foto colorate su qualsiasi argomento per cui l’occhio umano ha un debole: e si da il via a foto “soft-porn” di tette e culi come se non ci fosse un domani, e giù di “pietanze alla escort” photoshoppate e piene di colori vividi che ti fanno scendere l’acquolina in bocca neanche fossimo cani che fissano braciole alla brace. L’algoritmo premia chi conquista più seguaci affamati di foto accattivanti e sensoriali, dandogli possibilità di guadagno: si introduce la pubblicità attraverso gli influencer, e chi può essere più influenzabile rispetto a un pecorone che sbava guardando foto di cibo e di culi vestiti?… Beh: il figlio adottivo ha superato di gran lunga il “grande fratello”, potremmo rinominarlo “cuculo”, uccello che in natura dopo essere stato deposto in un nido non suo, ingrossa spropositatamente e spinge fuori dal nido il pulcino originariamente proprietario del nido, facendolo precipitare al suolo. A differenza del caso in natura però, qui papà Zuck è ben consapevole del complotto essendo complice…

« ll “non detto” va anche fuori dai social, sai?: »

Quando ci viene data la possibilità di fare tutto a metà del tempo, grazie alla tecnologia sempre più performante, noi siamo convinti di poter spendere il nostro tempo come più ci piace, ma tanti di noi senza neanche saperlo si ritroveranno a lavorare per un qualche papà Zuck per il doppio del tempo rispetto a quanto ne lavoravano prima, e magari la loro vita, senza neanche capirlo, potrebbe precipitare in una prigione invisibile.

Forse il “non detto” andrebbe cercato, e detto.

Giorgio Giasir
14/04/2021

Pensieri

Sproloqui di un credente

  • 5 Luglio 201914 Agosto 2020
  • da giorgiogiasir

 Chiedo a voi
e chiedo a te:
“possiamo smetterla di prenderci in giro?”

 Perché annunci parole di cui non hai mai sentito il suono?
Una parola non è una definizione su Zanichelli, non è una ricerca su Google.
E’ qualcosa che dovrebbe esternare quel che parte dall’interno:
qualcosa che hai prima conosciuto nel profondo facendolo tuo,
aggiudicandoti così il diritto di pronunciarlo.

 Sento tante parole nell’aria…
Che volano e svaniscono come fumo.
Molte le ho provate e vissute,
di altre sto dimenticando il colore, il sapore e la forma,
altre ancora le sento per la prima volta e vorrei conoscerle,
ma nessuno me ne svelerà l’essenza:
Oramai siamo nell’era delle definizioni,
dove la sostanza delle cose non entra all’interno.
Quello che conta è quello che dicono gli altri,
ma gli altri non hanno niente da dire:
Si nascondono tutti dietro parole che non gli appartengono.

 Io vorrei conoscere te, vorrei sapere chi sei, cosa cerchi,
quello che per te è veramente importante,
per cui daresti anche la tua stessa vita
e quello che invece per te è solo una maschera, una farsa,
un’illusione, specchio per le allodole per imbambolare chi ti si avvicina…
Magari sarei triste nel scoprirlo,
ma almeno potrei dire di conoscerti,
nelle tue bellezze e nelle tue bruttezze.
Invece tu sei qui a riempirmi di frasi fatte,
che non ti sfiorano l’anima…

“Ogni parola dovrebbe essere un delicatissimo petalo di una rosa unica
che sboccia nel discorso di ognuno di noi.”

 L’essenza:
bella, brutta, romantica, spregiudicata, timida o arrogante,
dovrebbe essere espressa tramite le parole,
invece è troppa la paura di esser conosciuti:
siamo maestri ormai di questo equilibrio futile
e insignificante…
Parole insipide, discorsi pieni di un vuoto incolmabile…
Che ne stiamo facendo del pensiero?
Dove vogliamo arrivare?
Non dovremmo forse essere i primi testimoni di ciò che predichiamo?
Chiedo una risposta a te, lettore:
Ateo o credente, adulto o bambino
Prete, Suora, politico, comico, ingegnere, insegnante,
filosofo, scrittore, poeta, muratore, studente,
agricoltore, disoccupato o presidente di una multinazionale,
chiunque tu sia…
Chi sei? Te lo ricordi chi sei?
Se te lo ricordi non ti dimenticare di comunicarlo a qualcuno che ti sta accanto,
e non ti prendere in giro, non tradire il pensiero:
le parole non sono un tuo strumento per conquistare gli altri
e neppure un quadro d’arte surrealista.
Le parole sono la nostra essenza, scritte sul foglio dell’aria,
per donare il nostro essere a quelli che abbiamo conosciuto,
a chi ci sta vicino e a chi ci sta dedicando il suo tempo nell’ascoltarci.

 Non prendermi in giro,
e sopratutto:
non prenderti in giro.

 E se non ti piace il mio pensiero, non è un male:
Forse sono riuscito a rompere quella
campana di vetro che ci isola.

Giorgio Giasir
26/10/2013

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